mercoledì 29 settembre 2010



Il Pontificio Collegio Greco e la Comunità di Sant'Atanasio
ringraziano tutti coloro che hanno preso parte alle esequie
del Rev. Archimandrita Mons. Eleuterio Fortino,
e tutti quelli che non potendo esserci
hanno espresso attraverso messaggi,
il loro dolore, e la loro vicinanza.

Eterna sia la sua memoria !


P. Manel Nin,
Rettore Pontificio Collegio Greco

venerdì 24 settembre 2010

È morto monsignor Eleuterio Francesco Fortino, sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani



Memoria storica e anima del movimento ecumenico

Monsignor Eleuterio Francesco Fortino, anima storica della causa ecumenica, dal 1987 sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, è morto mercoledì 22 settembre, alle ore 21, nel policlinico universitario romano di Tor Vergata. Aveva 72 anni. Malato da tempo, era ricoverato da alcuni giorni per una serie di complicanze.
Sabato 25, alle ore 16, nella chiesa di Sant'Atanasio dei Greci, in via del Babuino a Roma, si celebrerà un trisaghion in sua memoria, secondo la tradizione bizantina. A presiederlo il rettore della chiesa, padre Manuel Nin. Le esequie si svolgeranno nel pomeriggio di domenica 26 nella chiesa parrocchiale a San Benedetto Ullano in Calabria, dove monsignor Fortino è nato e dove sarà poi sepolto.
Alle due celebrazioni sarà presente il vescovo Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, che rientrerà appositamente da Vienna dove sta partecipando alla riunione plenaria della commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme.
A Vienna avrebbe dovuto esserci anche monsignor Fortino, nella veste di segretario di parte cattolica della commissione. Le sue condizioni di salute gli hanno però impedito di partecipare. Giovedì mattina, all'inizio dei lavori, è stato ricordato dall'arcivescovo Kurt Koch, dal 1° luglio scorso presidente del dicastero ecumenico, e dal metropolita Ioannis di Pergamo, rappresentante del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e presidente di parte ortodossa della commissione. La notizia della sua morte "ha profondamente commosso tutti i partecipanti alla riunione di Vienna" dice monsignor Juan Fernando Usma Gómez, capo ufficio del Pontificio Consiglio.
Il metropolita ortodosso Gennadios, arcivescovo d'Italia e Malta ed esarca per l'Europa meridionale del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, ha ricordato monsignor Fortino come "una persona eccezionale. Perdiamo un amico, un fratello con cui per anni abbiamo lavorato per l'unità dei cristiani. Era una persona aperta e libera, comprensiva, molto stimata da tutti. Aveva comprensione, chiara e sincera, in tutto ciò che faceva e diceva. Rimarrà per sempre nei nostri cuori come colui con cui abbiamo lavorato insieme per realizzare la volontà di Dio perché tutti siano una cosa sola. Lo conoscevo da cinquant'anni, da quando per mandato del Patriarca Atenagora ho iniziato il mio apostolato in Italia. Monsignor Fortino partecipò alla mia ordinazione come vescovo e poi abbiamo collaborato quando sono divenuto metropolita arcivescovo per l'Italia e Malta. Oggi lui è tra i giusti e i buoni".
"Monsignor Fortino era veramente conosciuto da tutti coloro che sono impegnati nel dialogo ecumenico e aveva stretto negli anni grandi legami di amicizia con i suoi interlocutori" conferma monsignor Usma Gómez. Proprio alla vigilia del viaggio del Papa nel Regno Unito, in un'intervista al nostro giornale, l'arcivescovo Koch aveva parlato di monsignor Fortino come di "un uomo gentile di cui non puoi non essere amico, che con la sua esperienza custodisce la tradizione di questo ufficio". In queste ore il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani sta informando tutto il mondo ortodosso della morte del sotto-segretario, che è stato ricordato anche all'incontro in svolgimento in Polonia, dove la Chiesa cattolica e il Consiglio ecumenico delle Chiese stanno preparando la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani del 2012. "L'Ottavario era una delle sue grandi passioni - spiega monsignor Usma Gómez - perché mostrava il valore della preghiera e la priorità della dimensione spirituale. Anche per questo monsignor Fortino rappresenta l'ecumenismo in carne e ossa. Era capace di dire tutta la verità sulla fede cattolica in modo da non offendere ma con argomenti sufficientemente forti per far capire quali fossero i dissensi. Inoltre provava un amore travolgente per il comune respiro dei due polmoni della Chiesa. Si può dire che ha dato tutto se stesso perché in Occidente si conoscessero e apprezzassero i tesori della spiritualità orientale. Un passione vissuta con umiltà: era sempre pronto a imparare dai mondi spirituali e culturali che non gli erano propri". Il capo ufficio del dicastero ricorda poi "la sua attenzione alla dimensione pastorale del ministero sacerdotale, tanto da essere capace di alti studi accademici e di un annuncio del Vangelo comprensibile alla gente semplice".
Monsignor Fortino era nato il 2 aprile
1938 a San Benedetto Ullano, in provincia di Cosenza. Si sentiva profondamente arbereshe, la comunità discendente dagli albanesi rifugiatisi in Italia dal xv secolo. Con la sua eparchia di Lungro degli italo-albanesi dell'Italia continentale ha sempre mantenuto un saldissimo legame, impegnandosi in prima persona in molteplici iniziative pastorali. Aveva fondato anche il mensile "Besa Fede". Aveva studiato nel monastero di Grottaferrata e il 3 ottobre 1958 era entrato come seminarista nel Pontificio Collegio Greco, frequentando la Gregoriana. Ordinato sacerdote il 24 novembre 1963, aveva partecipato all'ultima sessione del concilio Vaticano ii con l'incarico di assistere gli osservatori ecumenici.
Nel 1965 aveva iniziato a lavorare nell'allora Segretariato per l'Unione dei Cristiani, nella sezione orientale. Ha vissuto da protagonista tutto il cammino del dialogo ecumenico. C'era anche lui, ad esempio, il 30 novembre 1969 al Fanar nella delegazione che diede il via allo scambio regolare e ininterrotto di visite tra Costantinopoli e Roma per le feste patronali di sant'Andrea e dei santi Pietro e Paolo. Il 21 maggio 1987 era divenuto sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.
Appassionato scrittore e divulgatore, autore di numerosissime pubblicazioni, era per natura portato alla semplificazione e all'essenzialità. Ha collaborato a "L'Osservatore Romano" per quasi quarantacinque anni, scrivendo circa 250 articoli. Il primo, sull'"ecumenismo spirituale", venne pubblicato il 30 gennaio 1966.


(©L'Osservatore Romano - 24 settembre 2010)

giovedì 23 settembre 2010

Sabato 25 settembre: Esequie di Mons. Eleuterio Fortino


Archimandrita Mons. Eleuterio Fortino



Chiesa di Sant'Atanasio dei greci
via del babuino - roma


Sabato 25 Settembre


ore 9:00 Esposizione salma del rev. Mons. Fortino

ore 9:30 Divina Liturgia

ore 16:00 Trisaghion


La camera ardente verrà allestita nella Chiesa di Sant'Atanasio
sabato a partire dalle ore 9:00



Eterna sia la sua memoria. - I përjetëshëm kloft kujtimi i tij

In memoria di mons. Eleuterio Fortino


Mons. Eleuterio Fortino - Chiesa di Sant'Atanasio



Risuscita o Dio, giudica la terra…

I romani che, mattinieri, fanno una passeggiata domenicale in centro, nella calma mattinale di via del Babuino, trovano sempre la chiesa di Sant'Atanasio dei Greci aperta e, fino a poche settimane fa entrandoci anche lo sguardo sorridente ed accogliente di un sacerdote che gli invitava a rimanere per la celebrazione della Divina Liturgia. Questo era mons. Eleuterio Francesco Fortino, archimandrita dell'eparchia di Lungro in Calabria, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani. Nato il 2 aprile 1938 a san Benedetto Ullano, in Calabria, il 3 ottobre 1958 entrò come seminarista nel Pontificio Collegio Greco, dove seguì il percorso degli studi di filosofia e teologia fino alla licenza nel 1964. Il 24 novembre 1963 fu ordinato sacerdote. Dall'inizio dell'allora Segretariato per l'Unità dei Cristiani, collaborò strettamente al lavoro di dialogo fraterno e teologico con le diverse Chiese cristiane non cattoliche, specialmente quelle orientali di tradizione bizantina. Lungo gli anni di vita e collaborazione nel Pontificio Collegio Greco con mons. Fortino, ho potuto apprezzare le sue qualità umane e cristiane. Colpiva in lui la sua capacità di vedere la realtà delle Chiese cristiane, le istituzioni, i fatti, le persone, anche nei momenti più delicati di dialogo o magari anche di scontro, con uno sguardo sempre positivo, che nasceva in lui dalla speranza e la consapevolezza che lo sforzo umano nell'incontro tra le persone e tra le Chiese, fosse sempre guidato, portato da un Altro che quando e come vorrà ci farà pervenire a quel ut unum sint. Era notevole in lui il suo amore, delle volte anche sofferto, per la sua Calabria e in modo speciale per la sua eparchia madre di Lungro. Malgrado la lontananza fisica e il suo impegnativo lavoro a Roma, la sentiva vicina e ne seguiva la vita con quotidiano interesse. In modo speciale sono testimone della dedizione con cui si adoperò alla preparazione e alla celebrazione del II Sinodo Intereparchiale celebratosi a Grottaferrata tra 2004 e 2005; diverse volte mi manifestò la sua certezza sull'importanza di questo evento ecclesiale per la vita e la stessa continuità e sopravvivenza di queste tre realtà ecclesiali orientali in Italia: le eparchie di Lungro, Piana degli Albanesi ed il monastero esarchico di Grottaferrata. Curava e celebrava con amore la Liturgia di tradizione bizantina, e si adoperava per farla conoscere attraverso tanti sussidi indirizzati soprattutto a coloro non direttamente di tradizione bizantina che frequentavano le celebrazioni nella chiesa di Sant'Atanasio dei Greci a Roma, specialmente nei grandi momenti dell'anno liturgico, Settimana Santa e Natale. Alcune di queste celebrazioni le viveva in modo specialmente suo. Penso alla celebrazione della risurrezione di Lazzaro, quando dopo la celebrazione del vespro, ci radunavamo i seminaristi ed i superiori del Pontificio Collegio Greco, con tanti amici della nostra comunità, per cantare le kalimera di Lazzaro, in lingua arbereshe, quei versetti che nella bellezza poetica, come se volessero spingere con forza Lazzaro fuori dalla tomba, coinvolgono coloro che li cantano; malgrado la sofferenza e la stanchezza per la malattia, il sorriso e gli occhi lucidi dall'emozione di p. Eleuterio colpivano sempre. Penso ancora al mattutino del Nymfios la sera della domenica delle Palme, quando monsignore Fortino reggeva l'icona di Cristo sposo nell'incontro nuziale con la sua Chiesa. Ancora sono memore del vespro del Sabato Santo, celebrato il mattino di questo giorno in cui la tradizione bizantina ci fa già gustare la gioia pasquale, e lo slancio vigoroso di mons. Fortino nel canto del salmo 81: "Risuscita o Dio, giudica la terra…", mentre cospargeva la chiesa con le foglie di alloro, nell'attesa gioiosa "del giorno che ha fatto il Signore", per cantare senza fine nell'esultanza: "Cristo è risorto dai morti, con la morte ha calpestato la morte, ed ai morti nei sepolcri ha elargito la vita".


Eterna la tua memoria, fratello nostro indimenticabile e degno della beatitudine. Amin.



P. Manuel Nin, Rettore Pontificio Collegio Greco

giovedì 16 settembre 2010

Il Cardinale Sandri chiede di riscoprire il contributo dei cristiani melchiti

Cardinale Leonardo Sandri


Una Chiesa di lingua araba in comunione con il Papa

Bisogna far riscoprire il contributo che la Chiesa melchita è chiamata a offrire, soprattutto in occasione del Sinodo del Medio Oriente, che si celebrerà in Vaticano a ottobre. E' l'esortazione lasciata dal Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ai Vescovi melchiti cattolici della diaspora presenti in Argentina. L'invito è risuonato durante la celebrazione eucaristica svoltasi questo martedì a Córdoba, alla presenza del Patriarca di Antiochia dei greco-melchiti, Sua Beatitudine Gregorios III Laham, di monsignor Abdo Arbach, esarca apostolico dei melchiti d'Argentina, e dell'Arcivescovo di Córdoba, monsignor Carlos José Ñáñez. La Chiesa greco-cattolica melchita è una Chiesa orientale cattolica di rito bizantino (nella sua variante greca), cioè una Chiesa particolare (sui iuris) della Chiesa cattolica che gode di autonomia ed è in piena comunione con il Papa. La Chiesa melchita ha origine in Medio Oriente, ma oggi i cattolici melchiti si sono diffusi anche in altri continenti. Attualmente sono 1.500.000. I fedeli sono in origine di lingua araba e la sede del Patriarca è a Damasco (Siria). "Sono già giunti apporti rilevanti dalla Chiesa melchita nella fase di preparazione e sono stati inclusi nell'Instrumentum laboris - ha detto il Cardinale Sandri -. Il tema, che è il vero obiettivo del Sinodo, deve essere costantemente tenuto da conto: '... La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola'. E' chiaro che questo è l'impegno di ogni comunità cristiana, in ogni luogo e in ogni tempo della storia cristiana, ma non si deve dare per scontato. Deve piuttosto rappresentare uno stimolo al quale non possiamo essere estranei". Il Cardinale ha insistito sul fatto che la comunione è indispensabile per sostenere la missione evangelica. "Un cuore solo e un'anima sola", ha spiegato, "devono cercare di essere sempre anche i Sinodi episcopali, perché lo sia ogni comunità intorno al proprio Vescovo, alle sue parrocchie e ai suoi sacerdoti. E' una responsabilità molto delicata che vi affido con spirito di fraternità e collegialità episcopali. Davanti ai nostri fedeli, per l'adesione che ci si chiede ogni giorno di rinnovare a Cristo Pastore, noi Vescovi non possiamo sottrarci a questo mandato: il mandato della comunione interna alla Chiesa, perché essa si diffonda in modo sempre più deciso". Il porporato ha segnalato che l'unità parte sempre da Cristo, ma "esige la nostra personale conversione all'unità. La conversione alla comunione è una croce quotidiana che bisogna portare affinché la Chiesa sia fermento di unità per tutto il genere umano". Dopo aver ricordato che manca poco più di un mese all'apertura del Sinodo, il prefetto del dicastero vaticano ha quindi sottolineato che i cattolici melchiti "sono molto radicati nel mondo orientale, ma anche tradizionalmente uniti alla Sede di Pietro, alla quale riconoscono la responsabilità che le è propria: quella della comunione". Il porporato ha poi invitato i Vescovi melchiti cattolici a mantenere viva la fisionomia della Chiesa nella diaspora, perché non si dimentichi delle proprie radici spirituali. "Penso allo sforzo spirituale richiesto per mantenere la seconda e la terza generazione melchita in America nell'autentica identità orientale, soprattutto nell'ambito della liturgia, senza per questo smettere di adottare la necessaria apertura al nuovo contesto ecclesiale e sociale. E' dunque urgente il rinnovamento della pastorale familiare, giovanile e vocazionale, anche all'interno della vostra Chiesa", ha detto. Si tratta di settori, ha aggiunto, "che bisogna affrontare congiuntamente, anche con una catechesi incisiva, completa, attenta alla situazione reale dei fedeli". Questo impegno per una catechesi più efficace è urgente soprattutto "per far fronte al grave problema delle sette e di alcune forme di religiosità", ma va unito all'adeguata formazione dei sacerdoti, "come educatori del popolo di Dio, perché abbiamo un'idonea conoscenza dottrinale e siano sostenuti da una solida spiritualità e da una buona maturità umana. Il discernimento vocazionale, la formazione dei candidati agli ordini sacri, la formazione permanente dei presbiteri rappresentano ovunque una priorità indeclinabile". Il porporato ha inoltre sottolineato la fraternità con cui il popolo e la Chiesa in Argentina hanno ricevuto i melchiti cattolici presenti nel Paese. La solidarietà dimostrata dai fedeli è indispensabile per costruire un futuro di speranza per quanti hanno abbandonato la patria in cerca di sicurezza e dignità materiale e spirituale. "Le sfide della nostra epoca richiedono la solidarietà di tutti i componenti della comunità cattolica e quella degli altri cristiani, come anche dei fedeli delle altre religioni, per incidere sul tessuto sociale, che conosce cambiamenti evidenti nella stessa patria argentina". "Non voglio approfondire questo ambito particolarmente delicato - ha ammesso il Cardinale Sandri -, ma non posso non chiedere alla Chiesa melchita e agli orientali cattolici, così convinti del bene supremo rappresentato dalla famiglia - prima cellula della società e della Chiesa -, di continuare a offrire un efficace apporto perché questa venga rispettata e l'unione dell'uomo e della donna, con il vincolo sacro del matrimonio sacramentale, sia difesa, soprattutto quando viene ferita gravemente". Il porporato ha infine concluso il suo intervento ricordando alla Chiesa melchita cattolica la vocazione di essere ponte di comunione tra Oriente e Occidente.

da: www.zenit.org

Chiesa Greco-Cattolica Ucraina

Ucraina: Lviv, Evangelizazzione e Migrazione al sinodo dei vescovi Greco-Cattolici.

Si è svolto dal 2 al 9 settembre a Lviv il sinodo dei vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina, e il patriarca Lubomyr Husar chiede ai fedeli di “pregare per il successo” di questo incontro, che definisce “un importantissimo evento per la vita della Chiesa”. Il sinodo, spiega il card. Husar, “riunisce infatti tutti i nostri vescovi, dell’Ucraina e della diaspora, per riflettere insieme sui bisogni della nostra Chiesa e assumere le decisioni più appropriate”. Due i temi principali: l’evangelizzazione e le migrazioni. “Dobbiamo valutare – sottolinea il patriarca – come aiutare le persone a incontrare Cristo tramite il nostro esempio e le nostre parole fraterne, ma dobbiamo inoltre occuparci dei nostri emigranti, in particolare di chi vive in Paesi all’interno dei quali non vi sono strutture della nostra Chiesa, affinché possano rimanere fedeli ad essa e alle sue tradizioni”. Nel chiedere ai fedeli di pregare per le intenzioni del sinodo, il patriarca Husar conclude: “Il sinodo non è un parlamento dove le questioni vengono decise dalla maggioranza”, bensì un luogo dove “i responsabili della Chiesa si mettono alla ricerca della volontà di Dio”.

mercoledì 15 settembre 2010

Ecumenismo

Austria: Nasce la Conferenza Episcopale Ortodossa

L’8 ottobre prossimo verrà istituita a Vienna la Conferenza episcopale ortodossa austriaca. Lo ha comunicato ieri a Vienna il Metropolita Michael Staikos durante la visita del Patriarca serbo-ortodosso Irinej. L’istituzione della Conferenza episcopale ortodossa era stata decisa un anno fa durante una Conferenza pan-ortodossa presieduta dal Patriarca ecumenico Bartolomeo I per meglio esprimere l’unità ortodossa in Austria. Nel saluto al Patriarca Irinej, Staikos ha ricordato brevemente il passato “non sempre pacifico o armonioso” di greci, serbi e rumeni di confessione ortodossa. "Ma ciò che conta oggi è il futuro”, ha aggiunto il Metropolita, evidenziando che “la situazione giuridica della Chiesa ortodossa in Austria è esemplare per l'intera diaspora ortodossa”. Ciò si deve non solo allo Stato, ma anche alla "Chiesa cattolica romana in Austria, guidata dal card. Christoph Schönborn", ha rimarcato Staikos. Un ringraziamento particolare è stato rivolto alla fondazione "Pro Oriente", che secondo il Metropolita “ha preparato il terreno per l’ecumenismo, affinché centinaia di migliaia di fedeli ortodossi possano trovare un Paese amichevole, senza i pregiudizi della storia, che ci sono costati molta tristezza e molte lacrime".

da: www.orientecristiano.com

lunedì 13 settembre 2010

La festa dell’Esaltazione della Santa Croce nella tradizione bizantina.



Oggi la Croce porta l’Altissimo quale grappolo pieno di vita.


La festa del 14 di settembre porta come titolo nei libri liturgici di tradizione bizantina: “Universale Esaltazione della Croce Preziosa e Vivificante”, ed ha un’origine gerosolimitana collegata alla dedicazione della basilica della Risurrezione edificata sulla tomba del Signore nel 335, ed anche con la celebrazione del ritrovamento della reliquia della Croce da parte dell'imperatrice Elena e del vescovo Macario. La Croce ha un posto rilevante nella liturgia bizantina: tutti i mercoledì e venerdì dell'anno viene commemo­rata col canto di un tropario; inoltre si commemora anche la terza domenica di Quaresima e i giorni 7 maggio e 1 agosto. Nei testi liturgici bizantini la Croce viene sempre presentata come luogo di vittoria: di vittoria di Cristo sulla morte, di vittoria della vita sulla morte, luogo di morte della morte. La celebrazione liturgica del 14 settembre nella tradizione bizantina è preceduta da un giorno di prefesta il 13, in cui si celebra appunto la dedicazione della basilica della Risurrezione, e si prolunga con un’ottava fino al giorno 21 dello stesso mese di settembre. I testi dell’ufficiatura di questa festa mettono ripetutamente in luce il parallelo tra l’albero del paradiso nel libro della Genesi e l’albero della Croce: “Croce venerabilissima che le schiere angeliche circondano gioiose, oggi, nella tua esaltazione, per divino volere risol­levi tutti coloro che, per l’inganno di quel frutto, erano stati scacciati ed erano precipitati nella morte…”; “nel paradiso un tempo un albero mi ha spogliato, perché facendomene gustare il frutto, il nemico ha introdotto la morte; ma l’albero della croce, che porta agli uomini l’abito della vita, è stato piantato sulla terra, e tutto il mondo si è riempito di ogni gioia…”; “La croce che ha portato l’Al­tissimo, quale grappolo pieno di vita, si mostra oggi ele­vata da terra: per essa siamo stati tutti attratti a Dio, e la mor­te è stata del tutto inghiottita. O albero imma­co­lato, per il quale gustiamo il cibo im­mortale dell’Eden, dando gloria a Cristo!”. Uno dei tropari dell’ufficiatura vespertina, con delle immagini veramente toccanti e teologicamente profonde, riassume tutto il mistero della salvezza che ci viene dalla Croce di Cristo: “Venite, genti tutte, adoriamo il legno benedetto per il quale si è realizzata l’eterna giustizia: poiché colui che con l’albero ha ingannato il progenitore Adamo, viene adesca­to dalla croce, e cade travolto in una funesta caduta… Col sangue di Dio viene lavato il veleno del serpente, ed è annullata la maledizione della giusta condanna per l’ingiu­sta condanna inflitta al giusto: poiché con un albero bisognava risanare l’albero, e con la passione dell’impas­si­bile di­strug­gere nell’al­bero le passioni del condannato”. Ancora in un altro dei tropari, l’incarnazione di Cristo, Dio nella carne, è presentata come l’esca che nella Croce attira e vince il nemico: “O albero beatissimo, su cui è stato steso Cristo, Re e Signore! Per te è caduto colui che con un albero aveva ingannato, è stato adescato da Dio che nella carne in te è stato confitto, e che dona la pace alle anime nostre”. Diversi dei testi liturgici fanno una lettura cristologica dei tanti passi dell’Antico Testamento che la tradizione dei Padri e delle liturgie cristiane di Oriente e di Occidente hanno letto ed interpretato come prefigurazioni del mistero della Croce del Signore: Giacobbe che benedice con le mani incrociate, il passaggio del Mare Rosso colpito dal legno di Mosè, le braccia di costui innalzate mentre il popolo lotta contro Amalek, il profeta Giona ancora che prega con le mani alzate nel ventre del mostro marino: “Tendendo le mani in alto e mettendo in rotta Amalek, Mosè ha prefigurato te, o Croce preziosa…”; “Ciò che Mosè prefigurò un tempo nella sua persona, mettendo cosí in rotta Amalek ed abbattendolo, ciò che Davide cantore ordinò di venerare come sgabello dei tuoi piedi, la tua Croce preziosa, o Cristo Dio”; “Tracciando una croce, Mosè, col bastone ver­ticale, divise il Mar Rosso per Israele che lo passò a piedi asciutti, poi lo riuní su se stesso volgendolo contro i carri di faraone, di­segnando, orizzontalmente, l’arma invincibile”; “Nelle viscere del mostro marino, Giona stendendo le palme a forma di croce, chiara­mente prefigurava la salvifica passione: perciò uscendo il terzo giorno, rappre­sentò la risurrezione del Cristo Dio crocifisso nella carne che con la sua risurrezione il terzo giorno ha illuminato il mondo”. Alla fine dell’ufficiatura del mattutino, ha luogo il rito dell’esaltazione e la venerazione della santa Croce. Durante il canto della dossologia, il sacerdote prende dall’altare il vassoio che contiene la Croce preziosa collocata in mezzo a foglie di basilico, l’erba profumata che secondo la tradizione era l’unica a crescere sul Calvario e che attorniava alla Croce al momento del suo ritrovamento, colloca il vassoio sulla sua testa e in processione lo porta fino a davanti la porta centrale dell’iconostasi e nel bel mezzo della chiesa. Lì, dopo il canto del tropario: “Salva, Signore, il tuo popolo, e benedici la tua eredità…”, lo depone su un tavolino, fa tre prostrazioni fino a terra e, prendendo in mano la Croce con le foglie di basilico, guardando ad oriente, la innalza sopra il proprio capo, poi l’abbassa fino a terra ed infine traccia il segno di croce, mentre i fedeli cantano per cento volte l’invocazione “Kyrie eleison”. Questa grande benedizione il sacerdote la ripete in direzione ai quattro punti cardinali e quindi di nuovo verso l’oriente, intercalando ad ogni parte una piccola litania in cui si invoca la misericordia e la benedizione del Signore sulla Chiesa e sul mondo intero. Al termine il sacerdote innalza la croce e canta il tropario: “Tu che volontariamente sei stato innalzato sulla croce, dona, o Cristo Dio, la tua compassione, al popolo nuovo che porta il tuo nome…”, e con essa benedice il popolo segnando una croce. Poi, deposta la Croce di nuovo sul tavolino, canta il tropario: “Ado­riamo la tua croce, Sovrano, e glorifichiamo la tua santa risurrezione”, e tutto il popolo fedele passa a venerare la Croce e ricevendo delle foglie di basilico, a ricordare anche il buon profumo del Cristo risorto che i cristiani siamo chiamati a testimoniare nel mondo. Questa grande venerazione della Croce e la sua simbologia, riassume quindi i grandi temi teologici trovati nei testi della liturgia della festa: la Croce collocata nel bel mezzo della Chiesa come il nuovo albero nel bel mezzo del nuovo paradiso; la Croce come luogo da dove sgorga la salvezza e la vita per tutta la Chiesa. L’icona della festa presenta la figura del vescovo Macario innalzando la santa Croce, con dei diaconi attorno; alcune delle icone introducono anche l’imperatrice Elena tra i personaggi. L’icona rappresenta proprio la celebrazione liturgica del giorno con la grande benedizione e venerazione della Croce Preziosa e Vivificante.

P. Manuel Nin osb

Pontificio Collegio Greco