di Eleuterio Fortino
Le eparchie cattoliche bizantine in Italia, nella linea della grande tradizione bizantina, hanno nel loro calendario liturgico, tre “memorie” dei concili ecumenici. Le rileviamo dall'Imerologhion dell'eparchia di Lungro: domenica tra l'Ascensione e la Pentecoste (o VII domenica di Luca): domenica dei santi Padri del i concilio ecumenico di Nicea o dei 318 Padri; domenica tra il 13 e il 19 luglio: domenica dei santi Padri del iv concilio ecumenico di Calcedonia e dei santi Padri del i concilio ecumenico di Nicea, del ii in Costantinopoli, del III in Efeso, del v e vi in Costantinopoli; domenica dopo l'11 ottobre: domenica dei Santi Padri del VII concilio ecumenico.
Praticamente vengono commemorati i santi Padri di tutti i sette concili che cattolici e ortodossi considerano insieme come ecumenici.
Una tale celebrazione e la sua insistenza nel calendario ha un particolare valore liturgico-teologico ed ecclesiologico. Per un tentativo di analisi va innanzitutto rilevata la celebrazione stessa: l'evento ed i suoi aspetti storici e liturgici; in secondo luogo il messaggio che si deduce dai testi liturgici per la vita dei credenti: formulazione della professione di fede e per la coscienza sinodale della Chiesa.
Le celebrazioni dei concili in tre domeniche dell'anno liturgico bizantino, sono ben definite nei libri liturgici con propria innografia. L'introduzione delle tre memorie nel calendario è avvenuta in epoche e circostanze diverse. Va anche notato che tutte le Chiese orientali celebrano la festa dei concili, almeno quella del primo concilio ecumenico di Nicea (325), da cui proviene la professione di fede contenuta nel Simbolo niceno.
Qui noi ci limitiamo alla tradizione bizantina e ci riferiamo alla celebrazione così come si trova attualmente nei libri liturgici, ossia ci riferiamo alla traditio recepta, senza entrare nella varietà delle testimonianze codicografiche, limitandoci a una breve premessa storica.
Il fatto che la Chiesa bizantina celebri nella liturgia, con insistenza e con specificazione l'evento conciliare, è degno di nota.
La motivazione generale di una tale intuizione e prassi va trovata nella considerazione del concilio ecumenico come tromba di Dio che annuncia la verità salvifica. Le decisioni conciliari hanno riguardato il dogma trinitario e quello cristologico in particolare e di conseguenza l'economia di salvezza. I concili hanno spiegato, per quanto possibile, ciò che Dio è e ciò che ha fatto per redimere l'uomo. Questo collegamento con la storia della salvezza ha reso possibile la loro celebrazione come avvenimento salvifico.
Una tale percezione giustifica anche il fatto che sia stato possibile celebrare globalmente tutti i Padri che hanno partecipato ai vari concili, indipendentemente da un'indagine sulla santità personale. Si celebrano i Padri di un concilio, i quali hanno proclamato la verità sulla Trinità, su Gesù Cristo, che «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli e si incarnò per opera dello Spirito Santo e da Maria Vergine e si fece uomo».
L'opera dei concili è santa e santificante; la si può celebrare a gloria di Dio che vuole che tutti gli uomini siano salvi.
La celebrazione dei concili nella Chiesa bizantina è indice, anche e non secondariamente, della impostazione che la conciliarità ha nella visione ecclesiologica orientale.
La sinodalità è un aspetto strettamente connesso alla comunione ecclesiale.
(©L'Osservatore Romano 27 novembre 2011)
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