In Egitto, dopo le dimissioni di Hosni Mubarak, ha preso avvio una nuova fase politica. E’ stata formata una Commissione incaricata di emendare la Costituzione ed il Consiglio supremo delle Forze armate ha sciolto il Parlamento. Il maresciallo Huseein Tantawi ha assunto la rappresentanza del Paese. Il periodo di transizione dovrebbe portare, a settembre, all’appuntamento con le urne. Ma quale significato e valore possono avere questi profondi cambiamenti per la comunità cristiana d’Egitto? Gudrun Sailer lo ha chiesto al cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali:
R. – Queste svolte possono determinare delle situazioni di difficoltà, ma possono anche rappresentare fermenti di speranza per una situazione nuova, ancora non del tutto definita, ma che può far presagire speranze per il popolo e per la nazione. La Chiesa copta ortodossa ha circa 8-10 milioni di fedeli, mentre la nostra Chiesa copta cattolica rappresenta una piccola minoranza, composta da circa 200-250 mila fedeli. Il Santo Padre stesso ha voluto onorare questa Chiesa nominando cardinale il patriarca Naguib. Per la Chiesa copta, sia ortodossa che cattolica, questa svolta rappresenta un momento di grande importanza, poiché permette ai copti ortodossi di poter esprimere la propria parola come cristiani e ai nostri copti cattolici come cattolici, nella speranza che tutto questo porti alla tranquillità, alla convivenza, alla ricerca del bene comune per tutti gli egiziani, così da poter costituire una società che sia degna dell’uomo, più giusta e che dia a tutti l’opportunità di poter partecipare alla vita pubblica.
D. – Parlando di bene comune: sono in corso i primi tentativi di rinnovare la Costituzione egiziana, cosa indispensabile per porre fine alla discriminazione delle minoranze, fra cui i cristiani in primis. Secondo lei, saranno gradite e saranno udite le opinioni dei copti in merito?
R. – Penso che certamente dovrebbero essere ascoltati e spero anche che queste opinioni siano gradite. Spero anche che nella Costituzione vengano posti quei principi fondamentali che riguardano la dignità dell’uomo e della donna; la libertà di tutti; la convivenza civile nel rispetto degli altri e nel rispetto della legge.
D. – Purtroppo c’è anche chi teme che in Egitto possa esserci un nuovo Iraq: una situazione relativamente tranquilla e stabile seguita, dopo la svolta politica, dalla persecuzione e dall’esodo dei cristiani. Che cosa si può fare per prevenire questa situazione?
R. – Certamente non è auspicabile che si possa ripetere un nuovo Iraq e quindi una nuova situazione che porti poi all’esodo dei cristiani, all’esodo di coloro che non vengono riconosciuti come cittadini uguali agli altri. Nel caso dell’Iraq, questa insicurezza ha portato a questo esodo, a questa partenza che – diciamo – impoverisce la nazione. La nazione, senza i cristiani, non è più la stessa: e questo lo dicono gli stessi musulmani, perché nella storia dell’Iraq c’è questo “marchio” della presenza cristiana. Io mi auguro che non succeda lo stesso in Egitto! Spero anzi che la saggezza che hanno gli egiziani - e che hanno dimostrato anche durante le manifestazioni, che si sono svolte in modo pacifico, nelle quali hanno espresso questo desiderio di cambiamento - sia illuminante per i passi futuri e riesca a portare ad un grande Egitto, così come è stato per tutta la sua storia. L’Egitto è chiamato ad essere una grande nazione in Africa, anche nel rapporto con i vicini. Spero possa essere soprattutto una patria nella quale tutti possano vivere vedendo rispettati i propri diritti fondamentali, la propria libertà, la democrazia e il rispetto degli altri.
D. – Negli ultimi anni la situazione dei copti in Egitto sembra addirittura peggiorata in termini di attacchi terroristici. La svolta attuale sarà in grado di invertire la radicalizzazione della popolazione egiziana?
R. – Io penso che le autorità che prenderanno in carico la nazione in questo periodo di transizione, così come quelle che poi verranno, cercheranno - come loro stessi hanno già promesso – di proteggere e difendere tutti gli abitanti del Paese, in particolare i cristiani, dall’insicurezza, dagli attacchi o dalle persecuzioni che possano essere commesse contro di loro e che si sono manifestate anche nei recenti attacchi soprattutto contra la Chiesa copta di Alessandria e che hanno portato tanta sofferenza ai copti ortodossi e a tutti noi che siamo fratelli nella fede in Gesù Cristo. Pertanto io spero che le autorità di questo momento di transizione e le autorità future riescano a garantire a tutti i cittadini - e soprattutto alle minoranze che possono maggiormente soffrire per questa insicurezza e per questi attacchi – sicurezza e questo non per motivi di privilegio, ma soprattutto perché sono tutti cittadini egiziani e possono offrire la loro collaborazione, tutto il loro patrimonio di ricchezza, di dottrina e di vita a questa grande nazione che è l’Egitto. (mg)
© www.radiovaticana.org - 14 febbraio 2011
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