venerdì 7 settembre 2012

La Nascita della Madre di Dio. Iconografia e innografia nella tradizione bizantina.



Oggi l’immacolata sposa del Padre, è germogliata dalla radice di Iesse

            La tradizione bizantina celebra come prima grande festa dell'anno liturgico la Nascita della Madre di Diom che ha un giorno di pre festa e quattro di ottava, soltanto quattro dovuto alla vicinanza con la seconda delle grandi feste, quella dell'’Esaltazione della santa Croce il giorno quattordici dello stesso mese. L’icona della festa è molto simile a quelle della nascita di Giovanni Battista e della nascita di Cristo. Anna sdraiata al centro della scena iconografica e accudita da tre donne, guarda verso Gioacchino oppure in alcune icone verso la bimba neonata che viene lavata e curata dalle levatrici. Ad un lato dell'icona troviamo Gioacchino che guarda verso sua moglie e verso la bimba. L’amore sponsale dei due anziani l’icona lo sottolinea attraverso il loro sguardo tenero e sereno. Due donne lavano Maria, rappresentata pure lei nell’icona avvolta in fasce, come Cristo stesso nell’icona di Natale, e come troviamo anche l’anima di Maria accolta in cielo da Cristo stesso nell’icona della Dormizione della Madre di Dio. Come se il ciclo liturgico, in questa sua prima grande festa, volesse ricordarci attraverso l’icona qual è stata l’ultima delle grandi feste, quella della Dormizione, il mistero della nascita della Madre di Dio e quello della sua glorificazione in cielo.
            L’ufficiatura bizantina, soprattutto nei testi del vespro della festa , ha come tema di sottofondo la gioia che la nascita di Maria porta a tutto il mondo, gioia per la sua nascita, ma anche perché questa nascita preannuncia quell’altra cioè di Colui che da lei si incarna per opera della Spirito Santo: “Con la tua natività, o immacolata, sono sorti sul mondo i raggi spirituali della gioia universale, che a tutti preannunciano il sole della gloria, Cristo Dio… perché sei tu che ci pro­curi la presente letizia, sei tu la causa della gioia futura, tu il gaudio della divina beatitudine”. Riprendendo il saluto angelico del vangelo di Luca e prendendo come modello l’inno Akathistos, Maria stessa, tutta la Chiesa è invitata alla gioia: “Gioisci, ricapitolazione dei mortali; gioisci, tempio del Signore; gioisci, monte santo; gioisci, mensa di­vina; gioi­sci, candelabro tutto luminoso; gioisci, vanto dei veri cre­denti, o venerabile; gioisci, Maria, Ma­dre del Cristo Dio; gioi­­sci, tutta immacolata; gioisci, trono di fuoco; gioisci, dimora; gioisci, roveto in­combusto; gioisci, speranza di tutti”.
            Il vespro della festa prevede tre letture bibliche dell'Antico Testamento: Gen 28,10-17 (il sonno di Giacobbe presso il pozzo di Carran con la manifestazione della scala che collega il cielo e la terra); Ez 43,27-44,4 (la porta del tempio chiusa e che guarda ad oriente); infine Prov 9,1-11 (la sapienza che costruisce una casa). È soprattutto il testo di Ezechiele che verrà ripreso in parecchi dei tropari e riletto in chiave e mariologica e cristologica: “Questo è il giorno del Signore, esultate, popoli: poiché ecco, la porta che guarda a oriente è stata generata, e attende l’ingresso del sommo sacerdote… Oggi divinamente risplende Maria, unica porta dell’Uni­ge­nito Figlio di Dio, che attraver­sandola l’ha custodita chiu­sa… Oggi le porte sterili si aprono e ne esce la divina por­ta ver­ginale…”. La tradizione dei Padri della Chiesa e le liturgie cristiane di Oriente e di Occidente hanno visto nella porta chiusa del tempio il tipo di Maria nella sua verginità, ed anche dell'’incarnazione da lei del Verbo di Dio. “Il profeta ha chiamato la santa Vergine porta invalicabile, custodita per il solo Dio nostro: per essa è passato il Signore, da essa procede l’Altissimo e la lascia sigillata… Monte, porta celeste e scala spirituale ti ha divi­na­mente profetizzata il sacro coro, sei chia­mata anche porta per la quale è passato il Signore dei pro­digi Dio dei padri nostri…”.
            Due tropari del vespro riassumono tutta la teologia della festa. Nel primo l’esultanza di Anna, non più sterile, ed il suo invito alla gioia, ce la presenta quasi tipo della Chiesa stessa che invita e convoca in questa festa tutti i popoli alla gioia: “Sterile, senza prole, Anna batta oggi gioiosa le mani, si rivestano di splendore le cose della terra, esultino i re, si allie­tino i sacerdoti tra le benedizioni, sia in festa il mondo intero”. La liturgia sottolinea come Anna genera colei che a sua volta genererà la salvezza del genere umano, Maria, che il tropario chiama “sposa del Padre”: “Perché ecco, la regina, l’immacolata sposa del Padre, è germogliata dalla radice di Iesse”. Dal parto di Anna ne scaturisce quindi la gioia: “Non partoriranno più figli nel dolore le donne, perché è fiorita la gioia, e la vita degli uomini abita nel mon­do. Non saranno più rifiutati i doni di Gioacchino, perché il lamento di Anna si è mutato in gioia ed essa dice: Rallegratevi con me, tutti voi del po­polo eletto Israele: poiché ecco, il Signore mi ha donato la reggia vivente della sua divina gloria, per la comune letizia, gioia e salvezza delle anime nostre”. Nel secondo dei tropari sopra accennati troviamo presenti ben dieci titoli cristologici dati alla Madre di Dio; inoltre a conclusione del testo una professione di fede nel mistero dell'incarnazione del Verbo di Dio: “Venite, fedeli tutti, corriamo verso la Vergine, per­ché ec­co, nasce colei che prima di essere concepita in seno è stata predestinata ad essere Madre del nostro Dio; il tesoro della verginità, la verga fiorita di Aron­ne, che spunta dalla radice di Iesse, l’annuncio dei profeti, il germoglio dei giusti Gioacchino e Anna nasce, e il mondo con lei si rin­nova. Essa è partorita, e la Chiesa si riveste del proprio de­co­ro. Il tempio santo, il ricettacolo della Divinità, lo stru­mento verginale, il talamo regale nel quale è stato portato a compimento lo straordinario mistero della ­inef­fabile unione delle nature che si congiungono in Cristo: adorando lui, celebriamo l’immacolata nascita della Vergine”.
            Diversi dei testi della festa presentano il contrasto tra la sterilità di Anna e il parto verginale e divino di Maria. Il parto di Anna è sempre contemplato in vista di Maria stessa e soprattutto di Colui che Maria a sua volta partorirà: “Oggi è il preludio della gioia universale. Oggi cominciano a spirare le aure che preannunciano la salvezza. La sterilità della nostra natura è finita, perché la sterile diventa madre di colei che resta vergine dopo aver partorito il Creatore, di colei dalla quale colui che è Dio per natura assume ciò che gli è estraneo, e, con la carne, per gli sviati opera la sal­vezza… Oggi la sterile Anna partorisce la Madre-di-Dio, pre­scelta fra tutte le generazioni per essere dimora del Re universale e Creatore, il Cristo Dio, a compimento della di­vina economia”. Infine un altro dei tropari del vespro per mezzo di diversi parallelismi di immagini mette in luce il mistero della divino umanità del Verbo di Dio incarnato: troni spirituali in cielo / trono santo in terra; colui che sorregge il cielo nelle altezze / si crea un cielo in terra; radice sterile / pianta portatrice di vita. “Oggi Dio, che riposa sui troni spirituali, si è ap­pre­stato sulla terra un trono santo; colui che ha conso­lidati i cieli con sapienza, nel suo amore per gli uomini si è preparato un cielo vivente: perché da sterile radice ha fatto germo­glia­re per noi, come pianta portatrice di vita, la Madre sua. O Dio dei prodigi, speranza dei dispe­rati, Signore, gloria a te”.


P. Manuel Nin, Pontificio Collegio Greco, Roma.


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