Uomini, papi, santi
Non credo sia utile tratteggiare
una nota biografica di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II perché in questi
giorni la televisione, la radio, internet, tutti i social network pullulano di
informazioni scopiazzate qui e lì, tratte da wikipedia o recuperate dai più
remoti siti.
Non credo sia utile ripercorrere
in modo cronologico i pontificati di questi due uomini: gli eventi, le parole,
i discorsi, le catechesi sono tutti facilmente reperibili sia nelle biblioteche
(e chi le frequenta più?) sia tramite i media.
Non credo sia utile fare il
panegirico di questi santi che in vita hanno anteposto alla propria persona
quella di Cristo.
Penso sia utile, invece, scorgere
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II in quel “noi della Chiesa” tanto amato e
predicato da Benedetto XVI. Certamente questa data, 27 aprile 2014, entrerà a
pieno diritto nella storia. Nella storia civica di Roma che accoglie milioni di
pellegrini provenienti specialmente dalla Polonia (tanto amata da Karol Józef
Wojtyła) e da Bergamo (terra di Angelo Giuseppe Roncalli) e da tutte le parti
del mondo; nella storia della Chiesa che vede portare agli onori degli altari
due Vicari di Cristo che in modo intrepido hanno guidato il popolo di Dio tra
il XX ed il XXI secolo; nella storia di tanti uomini e donne che a titolo
personale sono legati a Giovanni XXIII e a Giovanni Paolo II, le tante coppie
che hanno ricevuto la loro benedizione, i tanti ragazzi che in seguito ad una
parola ascoltata, scendendo nel profondo del proprio cuore, si sono fatti
attenti alla voce di Dio ed hanno scelto di consacrarsi a lui, ai tanti capi di
stato e di governo che negli anni del loro esercizio politico e amministrativo
hanno avuto modo di incontrare questi due uomini scelti a presiedere la
comunità dei battezzati.
Quello che viviamo in questi
giorni è molto di più, tuttavia, di un evento di grandi proporzioni per numero
di partecipanti. Si tratta di un chiaro segno di cosa sia la Chiesa. Molti di
coloro che vivono a Roma sono convinti che la Chiesa coincida con il Vaticano.
Ovviamente non è così.
I santi Giovanni XXIII e Giovanni
Paolo II, papi, ci mostrano che la Chiesa è totalmente differente da ciò a cui
pensiamo. Essi, nella loro vita, hanno speso parole e gesti non solo per
portare al mondo l’annuncio del Crocifisso Risorto e quindi adempiere il
comando del Signore “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli
battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt28,29);
essi ci hanno spiegato e mostrato che la Chiesa è realmente quel congregavit
nos in unum, quel riuniti in uno dall’amore di Cristo. Alla luce di questo
intenso desiderio potremo riuscire a comprendere il pontificato di questi due
santi.
L’esigenza di convocare un
Concilio manifestata da Giovanni XXIII pone le sue radici più profonde nel
cuore dell’uomo che da quel Sotto il monte cresce, si forma e diviene pastore
alla luce del Vangelo. Tutti i suoi incontri, dal fronte della grande guerra
fino “agli occhi negli occhi” con i carcerati di Regina Coeli, sono stati
incontri conciliari. Incontri profondi che hanno scolpito il cuore del
pontefice e di chi lo ascoltava. Il concilio nasce ovviamente da una necessità
della Chiesa di comprendersi per meglio corrispondere alla voce dello Spirito
che sempre la guida ma nasce anche e, oserei dire soprattutto, dal cuore di
Giovanni XXIII.
Nulla resta incompiuto nella
storia della Chiesa: ogni accento, ogni giorno, ogni decisione, se vissuta alla
luce del Vangelo e dell’Eucaristia porta frutto. Perfino la zizzania seminata
nel campo dal geloso ed insano agricoltore può diventare occasione per
migliorare, con i giusti accorgimenti, il raccolto buono. In un campo grande
quanto il mondo, Giovanni Paolo II ha speso tutte le sue energie, tutte le sue
forze, tutto il suo cuore e le sue parole affermare che “L’arco dei potenti è
spezzato, ma quelli che vacillano sono rivestiti di forza” (1Sam 2,4).
Inginocchiato mentre apriva la porta santa o in piedi mentre ricorda ai malvagi
che il giorno del giudizio verrà per tutti soprattutto per coloro che seminano
distruzione e morte, seduto alla cattedra mentre presiede o mentre cammina mano
per mano con i giovani a Tor Vergata egli indica a noi e a tutti quella via
nuova che Cristo ha già aperto.
Non abbiamo bisogno di
commemorare chi non esiste più ma di comprendere da loro, da coloro che ci
hanno preceduto, chi siamo realmente. La Santa Chiesa, nella persona di
Francesco, vescovo di Roma e Pontefice universale, non stabilisce chi è santo e
chi no. Questo gravoso compito è tutto di Dio. La Chiesa, dopo un lungo cammino
di riflessione, di preghiera, di discernimento e di studio, decreta coloro che
per essa possono essere dei modelli perché in vita si sono lasciati conformare
da Cristo, plasmare ad immagine del Maestro. Si tratta di una sorta di
“privilegio” che Dio stesso dona alla Chiesa perché essa possa camminare sempre
più unita a Lui e verso di Lui.
Domenica 27 aprile 2014. II
domenica di Pasqua. Festa della Divina Misericordia. Un giorno speciale se
ciascuno capirà di aver preso parte non solo ad un evento mediatico ma ad un
attimo di storia della Chiesa, di cammino verso Dio in compagnia di due suoi
pastori che qui in terra hanno guidato tutto il popolo con le parole e le opere
ed ora, in cielo, accompagnano con l’intercessione perché Santi.
Gregorpaolo Stano
da: www.daportasantanna.it/