domenica 27 aprile 2014

La santità oltre l’evento mediatico.



Uomini, papi, santi
Non credo sia utile tratteggiare una nota biografica di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II perché in questi giorni la televisione, la radio, internet, tutti i social network pullulano di informazioni scopiazzate qui e lì, tratte da wikipedia o recuperate dai più remoti siti.
Non credo sia utile ripercorrere in modo cronologico i pontificati di questi due uomini: gli eventi, le parole, i discorsi, le catechesi sono tutti facilmente reperibili sia nelle biblioteche (e chi le frequenta più?) sia tramite i media.
Non credo sia utile fare il panegirico di questi santi che in vita hanno anteposto alla propria persona quella di Cristo.
Penso sia utile, invece, scorgere Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II in quel “noi della Chiesa” tanto amato e predicato da Benedetto XVI. Certamente questa data, 27 aprile 2014, entrerà a pieno diritto nella storia. Nella storia civica di Roma che accoglie milioni di pellegrini provenienti specialmente dalla Polonia (tanto amata da Karol Józef Wojtyła) e da Bergamo (terra di Angelo Giuseppe Roncalli) e da tutte le parti del mondo; nella storia della Chiesa che vede portare agli onori degli altari due Vicari di Cristo che in modo intrepido hanno guidato il popolo di Dio tra il XX ed il XXI secolo; nella storia di tanti uomini e donne che a titolo personale sono legati a Giovanni XXIII e a Giovanni Paolo II, le tante coppie che hanno ricevuto la loro benedizione, i tanti ragazzi che in seguito ad una parola ascoltata, scendendo nel profondo del proprio cuore, si sono fatti attenti alla voce di Dio ed hanno scelto di consacrarsi a lui, ai tanti capi di stato e di governo che negli anni del loro esercizio politico e amministrativo hanno avuto modo di incontrare questi due uomini scelti a presiedere la comunità dei battezzati.
Quello che viviamo in questi giorni è molto di più, tuttavia, di un evento di grandi proporzioni per numero di partecipanti. Si tratta di un chiaro segno di cosa sia la Chiesa. Molti di coloro che vivono a Roma sono convinti che la Chiesa coincida con il Vaticano. Ovviamente non è così.
I santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, papi, ci mostrano che la Chiesa è totalmente differente da ciò a cui pensiamo. Essi, nella loro vita, hanno speso parole e gesti non solo per portare al mondo l’annuncio del Crocifisso Risorto e quindi adempiere il comando del Signore “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt28,29); essi ci hanno spiegato e mostrato che la Chiesa è realmente quel congregavit nos in unum, quel riuniti in uno dall’amore di Cristo. Alla luce di questo intenso desiderio potremo riuscire a comprendere il pontificato di questi due santi.
L’esigenza di convocare un Concilio manifestata da Giovanni XXIII pone le sue radici più profonde nel cuore dell’uomo che da quel Sotto il monte cresce, si forma e diviene pastore alla luce del Vangelo. Tutti i suoi incontri, dal fronte della grande guerra fino “agli occhi negli occhi” con i carcerati di Regina Coeli, sono stati incontri conciliari. Incontri profondi che hanno scolpito il cuore del pontefice e di chi lo ascoltava. Il concilio nasce ovviamente da una necessità della Chiesa di comprendersi per meglio corrispondere alla voce dello Spirito che sempre la guida ma nasce anche e, oserei dire soprattutto, dal cuore di Giovanni XXIII.
Nulla resta incompiuto nella storia della Chiesa: ogni accento, ogni giorno, ogni decisione, se vissuta alla luce del Vangelo e dell’Eucaristia porta frutto. Perfino la zizzania seminata nel campo dal geloso ed insano agricoltore può diventare occasione per migliorare, con i giusti accorgimenti, il raccolto buono. In un campo grande quanto il mondo, Giovanni Paolo II ha speso tutte le sue energie, tutte le sue forze, tutto il suo cuore e le sue parole affermare che “L’arco dei potenti è spezzato, ma quelli che vacillano sono rivestiti di forza” (1Sam 2,4). Inginocchiato mentre apriva la porta santa o in piedi mentre ricorda ai malvagi che il giorno del giudizio verrà per tutti soprattutto per coloro che seminano distruzione e morte, seduto alla cattedra mentre presiede o mentre cammina mano per mano con i giovani a Tor Vergata egli indica a noi e a tutti quella via nuova che Cristo ha già aperto.
Non abbiamo bisogno di commemorare chi non esiste più ma di comprendere da loro, da coloro che ci hanno preceduto, chi siamo realmente. La Santa Chiesa, nella persona di Francesco, vescovo di Roma e Pontefice universale, non stabilisce chi è santo e chi no. Questo gravoso compito è tutto di Dio. La Chiesa, dopo un lungo cammino di riflessione, di preghiera, di discernimento e di studio, decreta coloro che per essa possono essere dei modelli perché in vita si sono lasciati conformare da Cristo, plasmare ad immagine del Maestro. Si tratta di una sorta di “privilegio” che Dio stesso dona alla Chiesa perché essa possa camminare sempre più unita a Lui e verso di Lui.
Domenica 27 aprile 2014. II domenica di Pasqua. Festa della Divina Misericordia. Un giorno speciale se ciascuno capirà di aver preso parte non solo ad un evento mediatico ma ad un attimo di storia della Chiesa, di cammino verso Dio in compagnia di due suoi pastori che qui in terra hanno guidato tutto il popolo con le parole e le opere ed ora, in cielo, accompagnano con l’intercessione perché Santi.

Gregorpaolo Stano

da: www.daportasantanna.it/

venerdì 25 aprile 2014

Venerdì del Rinnovamento - Tis Zoodochu Pighis




Maria fonte di vita

Fuori da Costantinopoli, nel quartiere delle Sette Torri, l'imperatore Leone I il Grande (457-474), che poi sarà anche santo, volle costruire un'importante chiesa in onore della Theotokos. Questo perché, prima di diventare imperatore, Leone incontrò lì un cieco tormentato dalla sete che gli chiese di aiutarlo a trovare dell'acqua. Leone ne ebbe compassione e andò in cerca di una fonte ma non ne trovò. Allora sentì una voce che gli disse che l'acqua era nelle vicinanze, continuò a cercare, ma ancora non ne trovò. La voce si fece risentire e questa volta lo chiamò “imperatore” e gli disse che avrebbe trovato dell'acqua fangosa nel vicino bosco, che avrebbe dovuto prenderne un po' e con questa ungere gli occhi del cieco; come detto trovò l'acqua e unse gli occhi del cieco che ricominciò a vedere.
Poi, come profetizzato dalla Theotokos, Leone divenne imperatore e nel luogo in cui aveva trovato l'acqua fece costruire una chiesa; le acque del luogo operarono numerose guarigioni ed ecco perché la Vergine ricevette il titolo di “Fonte di Vita”.




martedì 1 aprile 2014

Riflessione quaresimale




«Quando digiunate, non abbiate un aspetto malinconico come gli ipocriti; poiché essi si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Io vi dico in verità: questo è il premio che ne hanno.  Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, affinché non appaia agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa (Is 58, 3-8).
Inizieremo il nostro discorso basandoci sul precedente articolo in cui abbiamo parlato del digiuno come una scelta libero per noi cristiani, e abbiamo presentato il digiuno di Maria madre di Gesù, come atto previsto anche nella legge islamica ma come un digiuno obbligatorio, per cui avendo la libertà dei figli di Dio, abbiamo invitato tutti a digiunare come un atto di ringraziamento.
Ora avendo oltrepassato la metà della grande Quaresima, vorrei rinvitarvi a riprendere le vostre forze in mano per godere insieme la bontà e il perdono del Nostro Signore, come  le presenta il testo del Kinonikon della liturgia dei Presantificati, gustate e vedete quanto buono il Signore. Un testo patristico, molto profondo teologicamente ma anche molto ricco per poterlo interpretare in poche parole, ma in questa frase si nota che il Signore che si rivela per noi, si sacrifica per i nostri peccati per aiutarci a continuare il cammino quaresimale al fine di ricompensarci, concedendoci la grazia che ci ridarà la vista, levando il fango che copre gli occhi delle nostre anime per avere la possibilità di vederlo vestito di luce come ci lo presenta il dhoxastikon del Sabato Santo, Tu che porti la Luce come un mantello
Ieri, Mose ha visto il Signore, ma era Lui che si è rivelato ad esso vestito di Luce eterna per rafforzarlo, illuminandogli il cammino e dandogli la speranza nella salvezza. Oggi siamo tutti invitati a digiunare sforzandoci ad accettarsi l’un l’altro come siamo, peccatori, deboli e arroganti, aiutandoci l’un l’altro nel cammino verso il Golgota per crocifiggere i nostri peccati, perdonandoci vicendevolmente. Là, insieme e con un Unico Grido possiamo dire O Dio sii propizio a me peccatore e abbi pietà di me, soltanto così possiamo avere la possibilità che ha avuto Mose sulla montagna di vedere il Signore rivelato ad ognuno di noi.     
Tutto ciò avviene quando ognuno di noi percorre una vita sana nella via retta, raffigurandosi  come una candela sulla Via del Signore per illuminare la strada ai nostri confratelli, che a loro volta fanno lo stesso seguendo i nostri passi, passi che ognuno di noi è tenuto a seguire dopo aver partecipato alla Santa Comunione, cioè avendo ricevuto il Cristo in se tramite la comunione del pane e del vino consacrato, che donano le Energie Divine per raggiungere il vero scopo, ovverosia essere testimone di Cristo fra la gente. Responsabilità che tocca ognuno di noi, almeno nei confronti dei nostri concittadini musulmani sia in Oriente che in Occidente.        
Nella stessa Sura, il Corano riporta l’esortazione del Vangelo per gli digiunanti, invitandogli dicendo: O voi che credete! Quando vi levate per la preghiera, lavatevi il volto, le mani [e gli avambracci] fino ai gomiti, passate le mani bagnate sulla testa e lavate i piedi fino alle caviglie . Se siete in stato di impurità, purificatevi. Se siete malati o in viaggio o uscendo da una latrina o dopo aver accostato le donne non trovate acqua, fate la lustrazione con terra pulita, passandola sul volto e sugli avambracci. Ricordate i benefici che Allah vi ha concessi e il Patto che stringeste con Lui quando diceste: « Abbiamo sentito e obbediamo ». Temete Allah. Egli conosce quello che è nei cuori. O voi che credete, siate testimoni sinceri davanti ad Allah secondo giustizia. Non vi spinga all'iniquità l'odio per un certo popolo. Siate equi: l'equità è consona alla devozione . Temete Allah. Allah è ben informato su quello che fate. Allah ha promesso a coloro che credono e compiono il bene, il perdono e un'immensa ricompensa (Surat Al-Ma'ida, La Tavola Imbandita, vr. 6-9).
Ma non soltanto, il Corano riporta anche la scena dell’ultima cena, che per noi cristiani è per eccellenza il segno della Divina Liturgia, in cui s’invoca lo Spirito Santo per la consacrazione dei Doni, doni che rappresentano l’incarnazione di Cristo, fonte di vita, tavola imbandita, acqua viva: «Chiunque beve di quest'acqua avrà sete di nuovo;  ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna» (Giov. 4,13-14).  Leggendo il testo Coranico vediamo anche che il medesimo punta sulla fede, sui credenti che non dovrebbero aver paura di chiedere, ma chiedere con fiducia senza nessun dubbio, perché chi mangerà da questa Tavola Celeste gli si rafforzerà il cuore, cioè sarà un vero testimone perché è la mano di Dio che gli appoggia, celebrando con i suoi confratelli perché è un momento di festa. Per noi cristiani è il momento in cui la Chiesa celebrando la Divina Liturgia, diventa partecipe alla Liturgia Celeste per celebrare con gli Angeli l’incarnazione, la morte e la resurrezione del nostro Signore. Quando gli apostoli dissero: «O Gesù, figlio di Maria, è possibile che il tuo Signore faccia scendere su di noi dal cielo una tavola imbandita?», disse lui: «Temete Allah se siete credenti» . Dissero: «Vogliamo mangiare da essa. Così i nostri cuori saranno rassicurati, sapremo che tu hai detto la verità e ne saremo testimoni ». (Sura Al-Ma'ida, La Tavola Imbandita, vr.112-113.)
Infine nell’ultimo versetto coranico, Gesù figlio di Maria disse: «O Allah nostro Signore, fa' scendere su di noi, dal cielo, una tavola imbandita che sia una festa per noi- per il primo di noi come per l'ultimo - e un segno da parte Tua. Provvedi a noi, Tu che sei il migliore dei sostentatori».(Sura Al-Ma'ida, La Tavola Imbandita, vr.114), vediamo il richiamo all’Omelia di San Giovanni Crisostomo, che viene letta al momento del saluto pasquale nella tradizione bizantina, nella quale conferma il Padre della Chiesa che in qualunque momento arriveremo saremmo pagati lo stesso, Se uno è arrivato all’undicesima ora, non tema per la sua lentezza: perché il Sovrano è generoso e accoglie l’ultimo come il primo. Egli concede il riposo a quello dell’undicesima ora, come a chi ha lavorato sin dalla prima. Dell’ultimo ha misericordia, e onora il primo…la mensa è ricolma, deliziatevene tutti. Tutti perché siamo tutti figli di Dio, amico degli uomini e misericordioso chi con la sua morte ci ha liberati.
«Ecco, vengono i giorni», dice il SIGNORE, «in cui l'aratore s'incontrerà con il mietitore, e chi pigia l'uva con chi getta il seme; quando i monti stilleranno mosto e tutti i colli si scioglieranno. Io libererò dall'esilio il mio popolo, Israele; essi ricostruiranno le città desolate e le abiteranno; pianteranno vigne e ne berranno il vino; coltiveranno giardini e ne mangeranno i frutti. Io li pianterò nella loro terra e non saranno mai più sradicati dalla terra che io ho dato loro», dice il SIGNORE, il tuo Dio (Amos, 9, 13-15).

di Michel Skaf