

Ελληνικo Κολλεγιο Αγιου Αθανασιου
S. ATANASIO
Chiesa Cattolica Bizantina - Via del Babuino 149 – 00187 Roma
Sabato 5 marzo 2011 - ore 17,00
nella sala di via dei Greci, 46 Roma
si terrà una conferenza quaresimale su
La “Proiasmeni” nella liturgia bizantina
Relatore Archimandrita Prof. P. Manuel Nin o.s.b.
Moderatore Prof. Domenico Morelli
Il Rettore della Chiesa
Arch. P. Manuel Nin o.s.b.
Il Papa ha accettato a norma del can. 126 § 2 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali (CCEO), la rinuncia all’ufficio di Patriarca di Antiochia dei Maroniti presentata dal cardinale libanese Nasrallah Pierre Sfeir che il prossimo 15 maggio compirà 91 anni. In una lettera al porporato, Benedetto XVI ricorda i suoi 60 anni di sacerdozio, “prova di fedeltà e di amore” per Gesù, e i quasi 50 anni di episcopato, di cui 25 alla guida della Chiesa maronita in un servizio - ha sottolineato - svolto con entusiasmo e docilità, sull’esempio di Maria, “per la maggior gloria di Dio e per il bene dei fedeli”. “Voi – scrive il Papa nella sua lettera – avete cominciato questo nobile ministero di Patriarca di Antiochia dei Maroniti nel tumulto della guerra che ha insanguinato il Libano per troppi anni. Con l’ardente desiderio di pace per il vostro Paese avete guidato questa Chiesa e girato il mondo per confortare il vostro popolo costretto a emigrare. Alla fine – conclude il messaggio del Papa - la pace è tornata, sempre fragile, ma ancora presente” Il cardinale Sfeir è nato a Reyfoun, in diocesi di Sarba dei Maroniti, in Libano, il 15 maggio 1920. È stato ordinato sacerdote il 7 maggio 1950. Nominato curato della Parrocchia di Reyfoun e segretario della diocesi di Damas, ha ricoperto l’incarico dal 1950 al 1956. Nominato segretario del Patriarcato Maronita, ha svolto questo incarico dal 1956 al 1961. Ha insegnato Letteratura e Filosofia Araba e Traduzione presso il Collegio dei Padri Maristi a Jounieh dal 1951 al 1961. Eletto alla Chiesa titolare di Tarso dei Maroniti è nominato vicario generale patriarcale il 19 giugno 1961 e il 16 luglio successivo ha ricevuto l'ordinazione episcopale. È stato nominato amministratore patriarcale presso mons. Antoine Piere Khoraiche, all'epoca arcivescovo di Saida (1974-1975). Poi ha ricevuto la nomina di consigliere della Commissione per la revisione del Diritto Canonico (1980). Nel 1977 è stato nominato rappresentante del presidente dell'Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi Cattolici in Libano per Caritas-Libano e nel 1980 è stato nominato consigliere spirituale dell'Ordine di Malta. È stato eletto Patriarca di Antiochia dei Maroniti il 19 aprile 1986, prendendo possesso del patriarcato il 27 aprile dello stesso anno. Ha partecipato a tre Assemblee Generali del Sinodo dei Vescovi tra il 1986 e il 1994. È stato anche presidente delegato all’Assemblea Speciale per il Libano, presidente dell'Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi Cattolici in Libano, capo del Sinodo della Chiesa Maronita e presidente del Consiglio dei Patriarchi Cattolici d’Oriente. Giovanni Paolo II lo ha creato cardinale nel Concistoro del 26 novembre 1994.
…dammi tu una parola, o Parola del Padre…
Le Chiese orientali nelle settimane che precedono l'inizio della grande Quaresima hanno delle domeniche che in modo pedagogico e mistagogico allo stesso tempo introducono alle grandi tematiche spirituali che dopo la Quaresima svilupperà. Le Chiese di tradizione siriaca hanno il periodo chiamato "dei niniviti" in cui, prendendo spunto dal libro del profeta Giona, lo propongono come modello di conversione. Anche nella tradizione latina esisteva un periodo simile con le domeniche di septuagesima, sexagesima e quinquagesima. Le Chiese di tradizione bizantina, in questo periodo hanno quattro domeniche in cui la liturgia propone delle pericope evangeliche che introducono i fedeli ai diversi aspetti spirituali vissuti poi nella Quaresima. In queste righe vogliamo leggere il canone (composizione poetica cantata nel mattutino) di queste quattro domeniche. La prima delle domeniche si chiama del Fariseo e del Pubblicano, dalla pericope di Lc 18,10-14. Nell'ufficiatura del mattutino, il canone di questa domenica è attribuito a Giuseppe di Nicomedia (IX sceolo). Dall'inizio l'autore fa notare come le parabole di Cristo sono tutte un'esortazione del Signore stesso alla conversione: "Il Cristo, inducendo tutti con le sue parabole a correggere la propria vita, solleva il pubblicano dalla sua umiliazione, umiliando il fariseo che si era innalzato". Cristo stesso è modello di umiltà nella sua incarnazione: "Perfetta via di elevazione ha reso il Verbo l’umiltà, umiliando se stesso sino ad assumere forma di servo. Sempre guidandoci alla divina elevazione, il Salvatore e Sovrano, come mezzo per elevarci, ci ha indicato l’umiltà: egli ha infatti lavato con le proprie mani i piedi dei discepoli". Tutto il testo liturgico è una esortazione all'umiltà presentata come la prima delle virtù con cui iniziare il periodo dei digiuni: "Vedendo che dall’umiliazione viene una ricompensa che eleva, mentre dall’innalzarsi, una tremenda caduta, emula quanto ha di bello il pubblicano e detesta la malizia farisaica. Dalla temerità vien svuotato ogni bene, mentre dall’umiltà vien purificato ogni male: abbracciamola dunque, o fedeli…". Il canone è pervaso dal movimento tra l'alterigia che abbassa e l'umiltà che innalza: "L'umiltà ha sollevato il pubblicano che, mesto e confuso per i suoi peccati, gridava al Creatore il suo ‘Sii propizio’. L’alterigia ha invece fatto decadere dalla giustizia lo sciagurato fariseo millantatore: emuliamo dunque il bene, astenendoci dal male… Imitiamo il pubblicano dunque, tutti noi che siamo caduti nelle profondità del male; gridiamo al Salvatore dal profondo del cuore…". La seconda delle domeniche prende il nome di domenica del Figliol prodigo, dalla pericope di Lc 15,11-32. Il canone del mattutino è attribuito a Giuseppe l'Innografo (+886). A partire dalla parabola del Figliol prodigo, il canone sottolinea la misericordia e l'amore di Dio che accoglie come padre il peccatore che ritorna a lui: "La divina ricchezza che un tempo mi avevi dato, l’ho malamente dissipata: mi sono allontanato da te, vivendo da dissoluto, o Padre pietoso: accogli dunque anche me convertito… Apri dunque le tue braccia paterne, e accogli anche me, Signore, come il figliol prodigo…". Cristo stesso, in diverse strofe viene presentato come padre che accoglie nella misericordia: "Totalmente uscito da me stesso… accoglimi, o Cristo, come il figliol prodigo… Aprendo compassionevole le braccia, accoglimi, o Cristo, ora che torno dalla regione lontana del peccato e delle passioni". La misericordia di Cristo viene elargita anche per le preghiere e l'intercessione dei santi per il peccatore: "Per le preghiere degli apostoli, o Signore, dei profeti, dei monaci, dei martiri venerabili e dei giusti, perdonami tutte le colpe con le quali ho mosso a sdegno la tua bontà, o Cristo: affinché a te io inneggi e a te io renda gloria per tutti i secoli". L'autore mette in un parallelo quasi contrastante la povertà di Cristo nel suo uscire dal seno paterno per la sua incarnazione, e quella del figliol prodigo nel suo allontanarsi dalla casa paterna: "Gemi dunque, infelicissima anima mia, e grida a Cristo: O tu che volontariamente per me ti sei fatto povero, arricchiscimi, Signore, ora che sono divenuto povero di ogni opera buona, con abbondanza di beni, perché tu solo sei buono e pieno di misericordia". La terza delle domeniche si chiama del Giudizio finale, dalla pericope di Mt 25,31-46. Le odi del mattutino sono composte da Teodoro Studita (IX sec.), e in modo molto insistente e ripetitivo mettono in evidenza da una parte l'immagine quasi paurosa del giorno del giudizio, e dall'altra la richiesta di misericordia e di perdono presso Dio: "Tremo pensando al giorno tremendo della tua arcana parusia, con timore già vedo questo giorno in cui ti siederai per giudicare i vivi e i morti, o mio Dio onnipotente… Quando verrai, o Dio, con miriadi e migliaia di celesti principati angelici, concedi anche a me infelice, o Cristo, di venirti incontro sulle nubi… Possa anch’io misero udire la tua voce desiderata che chiama i tuoi santi alla gioia…" La quarta delle domeniche invece viene chiamata dei Latticini, dal fatto che indica l'inizio del grande digiuno, con l'astinenza anche dei latticini. Si legge la pericope Mt 6,14-21. Il canone del mattutino è un testo anonimo, e si sofferma nella contemplazione dell'espulsione di Adamo ed Eva dal paradiso e del loro cammino di ritorno ad esso, cammino che diventa tipo ed immagine di quello quaresimale verso la Pasqua di Cristo. È sempre Adamo che parla in prima persona, piangendo il proprio peccato ed evocando le delizie del paradiso da cui è stato allontanato: "Su, misera anima mia, piangi ciò che hai fatto, ricordando oggi come nell’Eden ti sei lasciata spogliare e sei stata perciò cacciata dalle delizie e dalla gioia senza fine". Lungo il canone, l'Eden è sempre cantato come dono dell'amore e della condiscendenza di Dio verso l'uomo: "Per il tuo grande amore e la tua pietà, o Artefice del creato e Creatore di tutti, dalla polvere un tempo mi desti la vita, e poi mi comandasti di cantarti insieme ai tuoi angeli… Per la tua sovrabbondante bontà, o Artefice e Signore, tu pianti in Eden il delizioso paradiso, per farmi godere dei suoi frutti splendidi…". Diverse delle odi personificano il paradiso che assieme ad Adamo piange con delle lacrime di pentimento, ed il suono delle sue foglie diventa preghiera: "Prato beato, alberi da Dio piantati, soavità del paradiso, su di me dalle foglie, come da occhi, stillate lacrime perché sono nudo ed estraniato dalla gloria di Dio…. Non ti vedo piú, non godo piú del tuo soavissimo e divino fulgore, o paradiso preziosissimo… Partecipa, o paradiso, al dolore del padrone divenuto povero, e col fruscio delle tue foglie supplica il Creatore che non mi chiuda fuori. O misericordioso, abbi misericordia di colui che ha prevaricato!" Infine il testo si conclude con un parallelo tra l'Eden chiuso dopo il peccato di Adamo ed il costato aperto di Cristo sulla croce: "Vedo il cherubino con la spada di fuoco che ha avuto l’ordine di custodire l’ingresso dell’Eden inaccessibile a tutti i trasgressori, ma tu, o Salvatore, togli per me ogni ostacolo... Confido nell’abbondanza della tua misericordia, o Cristo Salvatore, e nel sangue del tuo fianco divino, col quale hai santificato la natura dei mortali e hai aperto a quanti ti servono, o buono, le porte del paradiso, chiuse un tempo da Adamo…". Tutto il testo è pervaso dalla piena fiducia nella misericordia divina: "Guida di sapienza, elargitore di prudenza, educatore degli stolti e protettore dei poveri, conferma, ammaestra il mio cuore,… dammi tu una parola, o Parola del Padre, poiché, ecco, io non trattengo le mie labbra dal gridare: O misericordioso, abbi misericordia di colui che ha prevaricato!"
P. Manuel Nin, P. Collegio Greco, Roma
Chi mi offre come sacrificio il ringraziamento, mi glorifica, e a chi regola bene il suo comportamento, io farò vedere la salvezza di Dio (Sal 50,23)
L’uomo nasce di un atto d’amore reciproco benedetto da Dio Padre, destinato ad un percorso d’amore verso i suoi confratelli, cercando di vivere secondo la parola di Dio, non soltanto secondo la parola ma secondo i fatti.
Tutti i cristiani sono i figli amati da Dio e dai genitori che li hanno generati, per cui ognuno di noi è obbligato ha tener conto dei propri cari, non come peso ma come ringraziamento per tutto quello che hanno fatto per ognuno di noi, e per averci messi al mondo. Se dobbiamo comportarci così con i nostri genitori, allora come dovremmo comportarci con il nostro Creatore?
Una domanda chiave per la vita di ogni cristiano e soprattutto per noi come seminaristi, preti e vescovi, servitori del popolo di Dio affidato ad ognuno di noi. Come possiamo ringraziare Dio per tutto che ha fatto per tutti e per ognuno di noi?
Secondo la parola divina lo possiamo fare vivendo un solo atto, che è l’amore. Cristo ci ha dato una parola chiave che è la nostra carta d’identità tra la gente dicendo: «Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35). Un grande comandamento ed è una grande richiesta, perché ognuno di noi oggigiorno tiene alla sua dignità (diaconale, presbiterale, episcopale…) e dimentica la salvezza delle anime affidate a lui con l’imposizione delle mani dell’ordinante che rappresenta i santi discepoli, ricevendo lo Spirito Santo che sarà la sua guida nella vita spirituale ed sacramentale. Allora abbiamo tanto da fare ogni giorno verso noi stessi e verso i nostri fratelli, provando di vivere in pace interna in primo luogo, rafforzandola colla preghiera personale «Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa» (Mt 6,6), che sarà riflessa nel nostro comportamento quotidiano e così cerchiamo di vivere in secondo luogo la pace esterna con i nostri fratelli, in collegio, in episcopio o in curia. Ma dobbiamo renderci conto che tutto parte da lì dentro, dal pensiero nostro verso noi stessi, dalla nostro modo di vita in camera e dopo con gli altri.
Allora ringraziare Dio è un lungo percorso quasi per tutta la vita. Perché pure quando muore l’uomo, muore per un scopo d’amore, per tornare alla Casa paterna dove sarà così leggero perché non avrà niente addosso da portare con se che i suoi azioni, perché tutto è vanità, perché «I giorni dei nostri anni arrivano a settant'anni; o, per i più forti, a ottant'anni; e quel che ne fa l'orgoglio, non è che travaglio e vanità; perché passa presto, e noi ce ne voliamo via» (Sal 90,10). Per questo in quanto stiamo all’inizio della Grande Quaresima, mettiamoci un attimino a guardare noi stessi, ognuno nella propria camera da soli col nostro Dio ringraziandolo per tutto ciò che abbiamo avuto fin’ora, chiedendogli perdono, così che possa guidarci lo Spirito Santo per poter vivere in pace interna ed esterna questo momento di preghiera, sperando che alla fine ci dia la grazia di poter godere la sua resurrezione non solo a livello spirituale ma anche e soprattutto a livello comunitario amandoci gli uni gli altri, cercando di vivere come i discepoli al servizio con umiltà fino alla morte per la salvezza di tutti.
«Così parla il Signore degli eserciti: Il digiuno del quarto, il digiuno del quinto, il digiuno del settimo e il digiuno del decimo mese diventeranno per la casa di Giuda una gioia, un gaudio, feste d'esultanza; amate dunque la verità e la pace». (Zac 8,19)
di Michel Skaf, alunno P.C.G.
Due monaci, attorno alla metà del IV secolo, si recarono in pellegrinaggio a Gerusalemme in visita al Santo Sepolcro. Qui, dopo un'apparizione, nella casa di Erode ritrovarono il capo del Precursore. Dalle loro mani il capo passò in possesso di un vasaio che lo venerò con zelo e lo portò nella città di Emesa. Sentendosi oramai prossimo alla morte il vasaio lasciò la preziosa reliquia alla sorella perché la custodisse. Dopo la morte della donna molte persone, nel tempo, entrarono in possesso della reliquia, fino ad Eustachio, un sacerdote e monaco eretico, che ne sfruttò i miracoli per sostenere la sua eresia e guadagnarne denaro. Per questo motivo gli Ortodossi lo scacciarono dalla grotta in cui viveva, ma il capo del Precursore, all'insaputa di tutti, vi rimase nascosto. Qui restò fino al tempo degli Imperatori Valentiniano e Marciano (450-457), quando, dopo diverse manifestazioni miracolose, venne ritrovata l'urna contenente il santo capo. Consegnato a Uranio, Vescovo di Emesa, il capo del Precursore operò molti miracoli e guarigioni.
Nella prima parte di questo lavoro, Thomas Pott dimostra che la riforma liturgica voluta, a differenza di organico, lo sviluppo spontaneo di una tradizione liturgica, non è una novità nel rito bizantino. Nel secondo, egli esamina quattro esempi di riforma, descrive il contesto culturale e religioso di ciascuno, e si concentra sul fondamento teologico sottostante ogni caso: 1) la riforma Studita guidati da San Teodoro e dei suoi successori a partire dalla fine del secolo ottavo , 2) lo sviluppo del triduo pasquale dall '8 al 13 ° secolo, 3) lo sviluppo della protesi dal 11 ° al 14 ° secolo, e infine 4) tre riforme 17 ° secolo tra cattolici ruteni, tra gli ortodossi di Kiev sotto il Metropolita Moghila Pietro, ed a Mosca sotto il Patriarca Nikon. Gli studenti di liturgia troveranno presentazioni chiare e utili di diversi periodi chiave dello sviluppo liturgico bizantino. Di importanza ancora maggiore è la discussione sulla natura stessa della riforma liturgica. Le linee guida che Pott sviluppa per classificare e valutare i vari tipi di riforma sono particolarmente utili e possono essere applicate anche alle riforme in tutte le tradizioni cristiane orientali e occidentali.
Thomas Pott, un monaco del monastero della Esaltazione della Santa Croce in Chevetogne (Belgio), è professore di Teologia liturgica di Sant 'Anselmo Università e presso il Pontificio Istituto Orientale a Roma.
Paul Meyendorff, traduttore e curatore della serie, è il p. Alexander Schmemann Professore di Teologia Liturgica di San Vladimir ortodossa Theological Seminary.
dal sito: www.svspress.com
La festa dell'Ypapantì, o dell'Incontro di Nostro Signore, Dio e Salvatore Gesù Cristo, ha avuto origine a Gerusalemme. Da qui la festa si è diffusa in tutta la Chiesa. Nella Chiesa d'Occidente è stata mantenuta la solenne processione e la benedizione delle candele, come avveniva a Gerusalemme nel IV secolo, da cui il nome Candelora.
Questa festa, che chiude il ciclo della Natività secondo la carne di Nostro Signore, ci ricorda che il quarantesimo giorno dopo la nascita del suo figlio primogenito, Maria lo portò nel Tempio, secondo quanto prescritto dalla Legge mosaica, per offrirlo al Signore e per riscattarlo attraverso il sacrificio di una coppia di tortore o di colombi (Lc 2,22-37). In questa occasione colui che in precedenza aveva dato la Legge a Mosè si sottomette ai precetti della Legge, per testimoniare come, per amore degli uomini, si sia fatto uno di loro. Inoltre l'offerta di Gesù al Padre, compiuta nel Tempio, prelude alla sua offerta sacrificale sulla croce. Questo momento rappresenta anche la prima manifestazione di Gesù al suo popolo attraverso la persona di Simeone, ecco perché la festa si chiama "Ypapantì-Incontro".
Simeone, uomo ormai anziano, era da lungo tempo in attesa della salvezza di Dio, ma, per rivelazione divina, sapeva che non sarebbe morto fino a quando non avesse visto il Messia. Quel giorno, guidato dallo Spirito Santo, si recò al Tempio e quando vide Gesù, riconoscendolo, disse:
Ora lascia, o Sovrano, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele” (Lc. 2,25-31).
Ακουσον, θύγατερ, καί ίδε, και κλίνον τό ούς σου, και επιλάθου του λαού σου, καί τού οίκου του πατρός σου
Χαίρε, Κεχαριτωμένη Θεοτόκε παρθένε εκ σου γαρ ανέτειλεν ο ήλιος της δικαιοσύνης, Χριστός ο Θεός ημών, φωτίζων τους εν σκότει. Ευφραίνου και συ, πρεσβύτα δίκαιε, δεξάμενος εν αγκάλαις τον ελευθερωτήν των ψυχών ημών χαριζόμενον ημίν και την ανάστασιν.
Salve, o piena di grazia, Madre di Dio e Vergine, poiché da te spuntò il sole di giustizia, Cristo Dio nostro, illuminante coloro che giacevano nelle tenebre. Rallegrati anche tu, giusto Vegliardo, che hai ricevuto tra le braccia il Redentore delle anime nostre, che ci dona anche la Resurrezione.
Tu che hai santificato con la tua nascita il seno della Vergine ed hai benedetto come conveniva le mani di Simeone, sei venuto e hai salvato anche noi, Cristo Dio. Conserva nella pace il tuo popolo e rendi forte coloro che ci governano, o solo amico degli uomini.
Θεοτόκε η ελπίς, πάντων των Χριστιανών, Σκέπε, φρούρει, φύλαττε, τους ελπίζοντας εις σε. Εν νόμω σκιά και γράμματι, τύπον κατίδωμεν οι πιστοί’ πάν άρσεν το την μήτραν διανοίγον, άγιον θεω’ διό πρωτότοκον Λόγον, Πατρός Ανάρχου Υιόν, πρωτοτοκούμενον Μητρί, απειράνδρω μεγαλύνωμεν
Madre di Dio, speranza di tutti i cristiani, proteggi, difendi, custodisci coloro che sperano in te. Nella legge, ombra e lettera, noi credenti abbiamo visto la figura: ogni primogenito maschio sarà consacrato a Dio; perciò noi magnifichiamo il Verbo primogenito, il Figlio del Padre eterno, divenuto primogenito della Madre ignara di nozze.