venerdì 28 marzo 2014




Parrocchia San'Anna in Vaticano 



 Si ringrazia per le riprese video, ed il montaggio il Sign. Giovanni Fabriani


martedì 25 marzo 2014

25 Marzo - Annunciazione della Santissima Madre di Dio e sempre Vergine Maria.



La seconda omelia cattedrale di Severo di Antiochia commenta il mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio, centrale nella fede cristiana, e cita all’inizio l’annuncio dell’arcangelo a Maria: «Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te». E spiega: «Con queste parole Gabriele manifestò che il Dio Verbo, senza principio ed eterno, in modo ineffabile, senza cambiamento né confusione, viene ad abitare il grembo verginale e si incarna in esso. Perché in questo breve momento e spazio di tempo indivisibile fu pronunciata la parola dell’arcangelo e il Verbo di Dio si trovò nel grembo di Maria. Questo faceva conoscere che il saluto portava a termine qualcosa di straordinario e non era un semplice saluto».
Le parole dell’arcangelo turbano Maria e affliggono lo stesso arcangelo perché il suo annuncio va oltre la comprensione umana: «Gabriele poi era anche lui nell’afflizione, nella compassione verso di noi e nella misericordia, vedendo che il messaggio che l’annuncio proferito alla santa madre di Dio e vergine Maria era frainteso». Allora l’arcangelo, diventato quasi un mistagogo dell’incarnazione del Verbo di Dio, aggiunge parlando a Maria: «Ma non deve gettarti nel turbamento che io ti abbia annunziato la venuta di Dio; neppure devi pensare che si tratta di una nascita che avverrà da sé o in modo spontaneo. Sarà un concepimento secondo l’ordine naturale, ma la gestazione e la nascita saranno senza seme umano. Il Verbo di Dio infatti viene per raddrizzare la natura umana».
Severo sottolinea poi che Gabriele già preannuncia la Pasqua di Cristo, redenzione per Adamo e per lo stesso ladrone accanto alla croce: «Queste parole aprono anche il paradiso chiuso dopo Adamo. E se il ladrone non fosse stato preannunciato nelle parole dell’arcangelo e non avesse creduto nel regno di Cristo che non ha fine, non avrebbe detto vedendo colui che era messo in croce: Ricordati di me quando verrai nel tuo regno. E mai un ladro sarebbe stato oggetto di una promessa, degna di Dio, se colui che era stato crocefisso non fosse immortale, e se non fosse stato un re senza inizio e senza fine, lui che si eravolontariamente caricato per noi della croce nella sua carne e aveva assaggiato la morte che dà la vita».
Il patriarca di Antiochia conclude l’omelia esortando il suo uditorio non soltanto a proclamare la propria fede nell’incarnazione del Verbo di Dio, ma a manifestarla nella propria vita: «Quando tu glorifichi Dio per mezzo delle parole, tu lo fai soltanto con la bocca e con la lingua, ma quando fai delle azioni degne dell’agire cristiano, allora innalzi la lode con mille bocche. Ognuno di coloro che ti vedono, glorifica Dio che per noi si è incarnato, perché attraverso il nostro agire è istruito da questi comandamenti degni e meravigliosi».
Fondamentale è infatti per il predicatore la testimonianza del cristiano: «Se qualcuno ti vede agire nella santità, e vede che tu disprezzi le ricchezze e che fai partecipare dei tuoi beni coloro che ne hanno bisogno, correrà nel suo pensiero verso la promessa futura e celebrerà il sole di giustizia che è Cristo, che con la sua risurrezione ha illuminato la terra e ha insegnato a disprezzare le cose temporali e ad acquisire invece i beni che durano e sono incorruttibili. Ma se ci allontaniamo di questi beni e ci lasciamo andare ai desideri e ci lasciamo incatenare dalle cose materiali, il cristianesimo sarà deriso, le speranze della risurrezione saranno cosa disprezzabile. Questo non avvenga» esclama alla fine Severo, che invoca in conclusione «la grazia e l’amore per gli uomini del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo».
  P.Manuel Nin, Rettore Pontificio Collegio Greco


martedì 11 marzo 2014




Credo la  Chiesa, santa cattolica ed apostolica


È una frase che ripetiamo almeno una volta a settimana, ma ci siamo mai chiesti cosa significa ?
Secondo il mio umile parere, è una frase che recitiamo perché è stata scritta dai santi Padri che hanno espresso la loro fede, e l’hanno trasmessa a noi tramite un testo completo che è il credo comune a tutti i cristiani.
La chiesa una Santa Cattolica ed Apostolica, è infatti ognuno di noi, battezzato uguale come creatura umana, uguale davanti al Padre eterno, figli di esso, fratelli di Cristo, invitati alla santità e all’unità per mezzo dello stesso spirito per riprendere la plenitudine del corpo di Cristo.
Eccoci un’altra volta, davanti ad un periodo previsto dall’anno liturgico, stabilito dai santi padri i quali ci hanno tramandato la parola, la fede con la loro testimonianza, il loro sacrificio e la loro santità, ciò che ci ha portato a ciò che siamo oggi.
Siamo già giunti nella seconda settimana della grande quaresima, periodo che ci viene offerto dalla chiesa durante l’anno liturgico,  per cercare veramente ed in pratica, la via del perdono, della penitenza, della testimonianza, del sacrificio, dell’unità, della cattolicità per poter raggiungere la santità. Tutte le correnti teologiche vedono ed interpretano la quaresima come periodo di penitenza e di perdono, periodo in cui ognuno cerca di allontanarsi dalle passioni carnali, del mangiare, bere e ciò che è più mondano, per arrivare ad un equilibrio tra anima e corpo.
Per poter raggiungere questo equilibrio, realizzarlo e ricevere la grazia di vedere cristo risorto, tutto ciò parte da una semplicissima esperienza personale quando ognuno si perdona, si pente, vive la testimonianza con il proprio atteggiamento, si sacrifica per il bene e la gioia degli altri, compiendo tutto ciò si raggiunge l’unità del corpo e dell’anima mantenendo un armonia con la fede che ognuno di noi professa.
Non possiamo essere uniti a livello spirituale, in cui si esprime l’universalità della preghiera, la vera e propria cattolicità, vivendo un apostolato quotidiano con noi stessi, con tutti i fratelli in cristo.
L’unica via da percorrere verso la santità è l’unità, per cui incamminiamoci in questo periodo a ricercare l’unità interna, anima e corpo come anche quella esterna tra me ed il mio fratello in Cristo, per poter vivere l’esempio di ciò in cui credo giungendo tutti insieme a Cristo Risorto.

Buona Quaresima.


Michel Skaf, alunno P.C.Greco

Si riuniscono in Libano i vescovi cattolici della Siria






RABOUEH, 11. Si riunisce mercoledì, a Raboueh, in Libano, presso la sede del Patriarcato greco-melchita, l’assemblea dei vescovi cattolici di Siria. È quanto ha reso noto l’arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, Boutros Marayati. La riunione episcopale, sotto la presidenza del Patriarca greco-melchita Gregorios III Laham, sarà dedicata in particolare alle iniziative messe in campo dalla Caritas per venire incontro alle tante tragedie e sofferenze che affliggono la popolazione siriana nel Paese devastato dal conflitto armato.
Il vescovo caldeo di Aleppo, Antoine Audo, presidente di Caritas Siria, fornirà un quadro degli interventi in atto e di quelli in programma. All’assemblea, ha spiegato all’agenzia Fides l’arcivescovo Marayati, «sono convocati i vescovi di tutte le Chiese cattoliche di rito diverso radicate in Siria. Sulla carta dovremmo essere una ventina, ma non sappiamo ancora in quanti riusciranno a uscire dalla Siria per essere presenti a Rab oueh». La riunione si tiene a tre giorni dalla liberazione delle suore greco-ortodosse di Maalula che è stata accolta con gioia da parte di tutte le comunità cristiane mediorientali. Adesso, sottolinea ancora l’arcivescovo Marayati, «c’è da auspicare che i canali utilizzati per la liberazione delle suore di Maalula funzionino anche per affrontare e risolvere i casi di vescovi, sacerdoti e religiosi rapiti in Siria durante il conflitto». Oltre ai vescovi metropoliti di Aleppo Boulos al-Yazigi (greco-ortodosso) e Mar Gregorios Yohanna Ibrahim (siro-ortodosso), tra i sequestrati in Siria figurano ancora il gesuita Paolo Dall’O glio, il sacerdote armeno cattolico Michel Kayyal e il sacerdote greco-ortodosso Maher-Mahfouz.

© Osservatore Romano - 12 marzo 2014


PONTIFICIO COLLEGIO GRECO
di S. ATANASIO


S. Benedetto


In occasione della festa di San Benedetto, il Pontificio Collegio Greco è lieto di invitarvi
alla celebrazione della liturgia dei Doni Presantificati  nella chiesa di Sant’Atanasio,
il giorno giovedì 13 marzo alle ore 19.00.

La liturgia sarà seguita da un’agape fraterna in  Collegio.


Il Rettore 

Archimandrita Manel Nin, o.s.b.


mercoledì 5 marzo 2014

La liturgia dei Doni Presantificati nella tradizione bizantina.




Il Re della gloria ci fa partecipi della vita eterna …

Le diverse liturgie cristiane hanno dei periodi, lungo l’anno liturgico, che vengono chiamati “digiuni” o “quaresime”, e che sono dei momenti, dei giorni in cui, col digiuno e la preghiera la comunità cristiana si prepara alla celebrazione di un evento di salvezza: Pasqua, Natale, Apostoli, Dormizione della Madre di Dio sono dei periodi liturgici preceduti da un digiuno che, fatto assieme alla preghiera, alla misericordia, alla compunzione, nella verità, ci prepara ad accogliere il mistero della salvezza. La più importante ed anche la più antica di queste Quaresime o digiuni è la Grande Quaresima che prepara alla Santa Pasqua. Nella tradizione bizantina questo periodo ha delle caratteristiche proprie: nei giorni feriali non si celebra la Divina Liturgia –essa è una festa e questa non si svolge durante il digiuno; la Divina Liturgia si celebra soltanto il sabato –con l’anafora di San Giovanni Crisostomo- e la domenica –con l’anafora di San Basilio. In oriente, già nel IV sec. troviamo delle tracce –durante il periodo quaresimale- di una celebrazione della Divina Liturgia soltanto il sabato e la domenica. Il concilio di Laodicea della fine del IV sec. indica nel canone 49: nel periodo dei quaranta giorni non bisogna offrire il pane se non soltanto nel sabato e la domenica. I mercoledì ed i venerdì, che sono giorni di digiuno, la tradizione bizantina celebra la "Liturgia dei Doni Presantificati" che è una celebrazione del vespro quaresimale con la comunione ai Santi Doni, consacrati la domenica precedente, alla fine della celebrazione. La tradizione bizantina è l’unica che attualmente celebra la liturgia dei Presantificati. Il manoscritto bizantino più antico contenente questa celebrazione è il Barberini 77 (VIII-IX secolo) in cui non si dà nessun nome di autore. Due manoscritti siriaci poi ne hanno trace: il Vat. Syr 40 (1553) contiene tre liturgie bizantine in siriaco per l’uso dei bizantini della Siria; della liturgia dei Presantificati non dà nessun nome di autore, ma indica che viene celebrata dopo nona. Il Vat Syr 41 (XIV secolo) attribuisce la liturgia dei Presantificati a San Basilio. Il concilio In Trullo del 692 prescrive la celebrazione della liturgia dei Presantificati tutti i giorni del digiuno quaresimale, eccetto il sabato, la domenica e il giorno dell’Annunciazione del Signore. Alcuni manoscritti slavi del XV-XVI sec attribuiscono la liturgia dei Presantificati a San Gregorio Magno. Lo schema della liturgia dei Presantificati fondamentalmente è quello del vespro, e si svolge come segue: Benedizione e preghiere iniziali; il canto del salmo 103 con le preghiere sacerdotali; segue la grande litania diaconale; la recita del gruppo dei salmi graduali 119-133, che nel periodo quaresimale si ripetono ogni giorno, mentre negli altri periodi annuali si fa una lettura continua di tutto il salterio lungo una settimana; quindi i salmi vespertini 140, 141, 129, 116 con i tropari propri di ogni giorno. Segue l’ingresso e il canto dell'inno Fos ilaròn; poi la prima lettura dell’Antico Testamento; l’invocazione: "La luce di Cristo illumina tutti"; la seconda lettura dell’Antico Testamento; la preghiera dell'incenso e canto del salmo 140 con l’incensazione dell'altare e della chiesa e la preghiera di sant'Efrem. La liturgia prosegue con la litania diaconale, e quindi il canto dell'inno Ora le potenze del cielo adorano, presenti invisibilmente qui con noi. Infatti il Re della gloria fa il suo ingresso. Viene scortato il sacrificio spirituale e perfetto. Con fede e amore avviciniamoci per diventare partecipi della vita eterna. Si fa poi il grande ingresso con i Santi Doni che vengono portati all’altare; segue una litania diaconale, il Padrenostro, la comunione ed il congedo. Di questo schema vorrei rilevare la parte centrale e più tipicamente vespertina col salmo 140 e l’inno Fos ilaron, testo trinitario e cristologico molto arcaico, già conosciuto da san Basilio, e che alla sera canta Cristo, vero sole che non tramonta. Per quanto riguarda le letture bibliche, si tratta di una lectio continua di origine e carattere fortemente monastico, con la lettura lungo tutta la Quaresima dei libri della Genesi e dei Proverbi. Mentre per le grandi feste dell'anno liturgico bizantino le letture del vespro, quasi sempre veterotestamentarie, vengono scelte quelle che la tradizione dei Padri e della liturgia ha letto e interpretato in chiave cristologica o ecclesiologica, nella grande Quaresima le letture sono continue di questi due libri biblici interi. Per quanto riguarda la non celebrazione della Divina Liturgia nel periodo quaresimale se non il sabato e la domenica, bisogna sottolineare che essa è la celebrazione gioiosa del mistero della fede cristiana, e non corrisponde con i giorni di digiuno. Questi, giorni dedicati alla preghiera e alla lettura della Sacra Scrittura non vanno collegati direttamente alla celebrazione della passione, della morte e della risurrezione del Signore. Due aspetti mi sembrano importanti di sottolineare a questo proposito. In primo luogo il computo dei giorni settimanali nel periodo quaresimale non è quello pasquale cioè contando dalla domenica fino al sabato, per indicare che la vita liturgica settimanale delle Chiese nasce dalla Pasqua del Signore, dalla celebrazione domenicale; il computo quaresimale invece va per ogni settimana da lunedì a domenica; e ciò non per caso, ma per sottolineare che ogni settimana quaresimale guarda verso la Pasqua settimanale, verso la domenica. La stessa intera Quaresima viene vista come un cammino verso la Pasqua; tutti noi, cacciati come –con- Adamo dal paradiso vi ritorniamo nel digiuno, nella preghiera, nell’ascesi, e ad esso saremo riportati da Cristo stesso nella notte di Pasqua. Lo sguardo quaresimale della Chiesa, dei cristiani è messo nella Pasqua di Cristo. Quindi la celebrazione eucaristica settimanale –unica con il sabato- è quella della domenica, e proprio per questo i Santi Doni che si ricevono nella liturgia dei Presantificati sono quelli conservati dalla domenica precedente. La comunione ai Doni Presantificati i giorni di mercoledì e di venerdì ha anche la forza del viatico, cioè del cammino che ogni cristiano porta a termine rafforzato da Cristo; ed anche dal digiuno eucaristico, cioè la giornata intera di mercoledì e di venerdì scandita dal digiuno per ricevere la sera il Corpo ed il Sangue del Signore. Nei giorni feriali della Quaresima riscopriamo inoltre la centralità e la ricchezza dei testi delle ufficiature delle diverse ore del giorno e della notte, con una abbondante presenza di testi biblici, sia letture che salmi, che ci fanno ritrovare il contatto contemplativo ed orante con la Parola di Dio, contato vitale per ogni cristiano. In una omelia sul vangelo di Matteo, san Giovanni Crisostomo afferma: Si dirà da parte di qualcuno: AIo non sono né monaco, né anacoreta, ho moglie e figli e mi prendo cura della mia famiglia. Ecco la grande piaga dei nostri tempi, credere che la lettura del Vangelo sia riservata soltanto ai religiosi e ai monaci... E' un grande male non leggere i libri che recano la Parola di Dio, ma ve n=è uno peggiore. Cioè credere che questa lettura sia inutile... Non ascoltare la Parola di Dio è causa di fame e di morte. Le celebrazioni quaresimali bizantine e la celebrazione della Divina Liturgia soltanto i giorni di sabato e domenica ci fanno vedere che non si tratta di un digiuno dall’eucaristia, ma di una preparazione nella preghiera all’eucaristia; sia quella pasquale settimanale che quella annuale a cui ci preparano sia ogni settimana sia la stessa Quaresima intera. Infatti col digiuno e la preghiera la comunità cristiana si prepara alla celebrazione di un evento di salvezza; un digiuno fatto assieme alla preghiera, alla misericordia, alla compunzione, nella verità, che ci porta a celebrare ed accogliere il mistero della salvezza che ci viene da Cristo Signore.

P. Manuel Nin, Pontificio Collegio Greco, Roma