venerdì 28 giugno 2013

Sabato 29 Giugno: memoria dei Santi Pietro e Paolo, apostoli





Quale elogio più bello potrebbe essere fatto ai corifei degli Apostoli che la testimonianza dello stesso Signore ha dato di loro? Gesù disse a Pietro: "tu sei beato" e "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa", e ha chiamato Paolo: "un vaso eletto, destinato a portare il mio nome prima dei principi e dei re". Secondo la tradizione san Pietro morì crocifisso a Roma con la testa verso il basso, sotto Nerone tra il 64-67, e nello stesso periodo anche san Paolo morì martire, sempre a Roma, ma a differenza di Pietro decapitato perché era cittadino romano.


APOLITIKION

Οἱ τῶν Ἀποστόλων πρωτόθρονοι, καὶ τῆς Οἰκουμένης διδάσκαλοι, τῷ Δεσπότῃ τῶν ὅλων πρεσβεύσατε, εἰρήνην τῇ οἰκουμένῃ δωρήσασθαι, καὶ ταῖς ψυχαῖς ἡμῶν τὸ μέγα ἔλεος.



Voi che tra gli Apostoli occupate il primo trono, voi maestri di tutta la terra, intercedete presso il Sovrano dell'universo perché doni alla terra la pace, e alle anime nostre la grande misericordia.





La festa di san Pietro e san Paolo nella poesia di Romano il Melodo.


Icona dei santi Pietro e Paolo, s. XVII. Aleppo (Siria)


Non vinco con la forza ma con la debolezza

            L’ufficiatura bizantina per la festa dei santi apostoli Pietro e Paolo porta due tropari al mattutino che fanno parte di un intero kontakion (poema liturgico) in 24 strofe di Romano il Melodo (VI secolo). In questo testo l’innografo ci presenta con delle belle immagini la figura dell’apostolo cristiano. Dei due tropari presenti nel mattutino poi uno si canta anche ogni giovedì della settimana, giorno in cui si commemorano in modo speciale gli apostoli: “Gli araldi sicuri, che fanno risuonare voci divine, i corifei tra i tuoi discepoli, Signore, tu li hai accolti a godere dei tuoi beni, nel riposo: perché le loro fatiche e la loro morte piú di ogni olocausto ti sono state accette, o tu che solo conosci i segreti del cuore”. Quest’ultima frase la troviamo a conclusione di ognuna delle 24 strofe del nostro poema.
            Già dall’inizio del testo Romano presenta il gruppo dei Dodici come coloro che sono fedeli all’insegnamento di Cristo e che adempiono nelle loro vite quello che insegnano: “Così una volta anche i tuoi discepoli, dopo avere adempiuto innanzi tutto ai tuoi comandamenti, insegnavano quello che facevano compiendo ogni sforzo per rafforzare l’insegnamento col comportamento…”. Diverse sono le immagini adoperate dall’innografo per “dipingere” quasi un’icona dell’apostolo di Cristo: “Il gruppo di tutti gli apostoli riempì del suo profumo tutta la terra. Essi sono i tralci della vite che è Cristo, la piantagione del giardiniere celeste, pescatori prima di Cristo e dopo di lui. Essi che avevano consuetudine con l’acqua salata (del mare) ora proferiscono dolci parole (salmo 44,2)”.
            È il Cristo risorto colui che dà forza e coraggio ai Dodici; ed è a partire dalla strofa 4 che prende la parola il Signore stesso, parlando ad ognuno degli apostoli, a cominciare con Pietro nelle strofe 5 e 6. Lo fa a partire dalla triplice negazione nella strofa 5, e dalla triplice confessione dell’amore nella strofa 6. In primo luogo il Signore stesso deve essere il modello per Pietro nel suo insegnamento e soprattutto nella sua compassione: “Andate dunque da tutti i popoli, gettate nella terra il seme del ravvedimento e irroratelo con l’ammaestramento. Nel modo di insegnare, o Pietro, guarda me. Pensando alla tua colpa, abbi compassione per tutti…”. La debolezza di Pietro di fronte alla donna che nella casa del gran sacerdote lo impreca (Mt 26,69), deve diventare anche per lui fonte di compassione; e qui Romano adopera immagini molto belle e toccanti sul necessario atteggiamento di compassione e di magnanimità: “…e a motivo di quella donna che ti fece vacillare non essere severo. Se l’orgoglio ti assale, ricorda il canto del gallo, ripensa ai torrenti di lacrime con cui ti lavai, io che solo conosco i segreti del cuore”. Notiamo il tema delle lacrime di pentimento come lavacro di purificazione. Questo tema, sempre collegato alla figura di Pietro, Romano il Melodo l’ha sviluppata anche in un altro suo kontakion sulle negazioni di Pietro: “È vinto il Misericordioso dalle lacrime di Pietro e a lui manda il perdono. Mentre parla al ladrone, è a Pietro che allude, là sulla croce: «Ladrone, amico mio, stà con me oggi, poiché Pietro mi ha abbandonato! Eppure a lui e a te io dischiudo la mia misericordia. Piangendo, o ladrone, mi dici: “Ricordati di me!”, e Pietro grida gemendo: “Non abbandonarmi!”».
            Nella strofa 6 Romano contempla la triplice professione dell’amore di Pietro verso il Signore (Gv 21,15-17), che diventa amore anche verso coloro che il Signore ama: “Pietro, mi ami? Fa quel che dico: pascola il mio gregge ed ama quelli che io amo”. Come nella strofa precedente Pietro è spronato da Cristo stesso ad essere misericordioso: “Abbi compassione dei peccatori, memore della mia misericordia verso di te, poiché io ti ho accolto dopo che per tre volte tu mi avevi rinnegato”. E Romano poi riprende la figura del buon ladrone, presentato come custode del paradiso e modello anche per Pietro di peccatore perdonato dal Signore: “Tu hai il ladrone a rincuorarti, il custode del paradiso…”. Pietro e il ladrone infine diventano mediatori, “portinai” del ritorno di Adamo al paradiso da cui era stato espulso: “Attraverso voi Adamo ritorna a me dicendo: «Il Creatore ha posto per me il ladrone a guardia della porta e a guardia delle chiavi Cefa…»”.
            Dalle strofe 7 alla 12 il Signore parla personalmente a diversi apostoli: Andrea, Giovanni, Giacomo, Filippo, Tommaso, Matteo; e fermandosi a costui, quasi un momento di stanchezza, prosegue nella strofa 13: “Una parola sola io pronuncio per tutti, per non affaticarmi a istruirvi uno per uno. Ai miei santi una volta per tutte io dico: «Non tormentatevi ora nel vostro cuore… Non ragionate come bambini, siate prudenti come i serpenti; nell’immagine del serpente io sono stato innalzato per voi. Non tralasciate la predicazione per le vostre stesse paure! Non voglio vincere con la forza: io vinco per mezzo dei deboli…»”. L’immagine del serpente innalzato nel deserto (Num 21,8) porta Romano all’immagine del Cristo innalzato sulla croce (Gv 3,14).
            Soltanto verso la fine del testo, in un’unica strofa, Romano introduce la figura di Paolo, presentato come apostolo in sostituzione di Giuda, quasi come se Paolo stesso fosse il “ripago” della vendita di Giuda: “Aborrite la tristezza e la paura, che conducono molti alla morte, come Giuda. La disperazione intrecciò la corda per il traditore…; eppure il demonio fra poco dovrà ripagare Giuda con Paolo di Cilicia, l’ingannatore con l’uomo eccellente”.

P. Manuel Nin, Pontificio Collegio Greco, Roma



venerdì 14 giugno 2013

Un’altra chiesa in Turchia restituita al culto




ISTANBUL, 13. Come era avvenuto il 15 agosto 2010, quando dopo ottantotto anni di divieti il Governo turco aveva dato l’assenso a celebrare messa nel monastero di Sümela, vicino a Trabzon, anche la chiesa di Santa Macrina la Giovane, a Hasaköy di Niğde, ha potuto riaprire le sue porte domenica scorsa per ospitare un rito liturgico. Erano novant’anni che non succedeva, da quando cioè gli abitanti greci della regione (la Cappadocia, nell’Anatolia Centrale) furono costretti ad abbandonare le loro case e i loro luoghi di culto. Come era stato per Sümela, anche in questo caso a presiedere la celebrazione è stato il Patriarca ecumenico, Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli.

«Con nostalgia ed emozione — ha detto il Patriarca ecumenico, secondo quanto riferisce Orthodoxie.com — visitiamo la terra assai provata che i nostri padri furono costretti a lasciare per motivi che solo il Signore conosce, novant’anni fa, emigrando in ogni angolo del mondo. In questo momento parlano san Gregorio il Teologo, la tradizione, le pietre, questa chiesa. E il Signore sa quanti gemiti e grida, quanta disperazione e angoscia, da parte dei trentacinquemila greci-ortodossi che vivevano allora a Niğde, vennero sentiti dai nostri avi».

L’arcivescovo di Costantinopoli, dopo la liturgia, ha ringraziato formalmente Ankara e i suoi rappresentanti locali per aver autorizzato il rito — ulteriore segnale di apertura verso le minoranze religiose mostrato dal Governo Erdogan — in una regione, la Cappadocia appunto, alla quale egli è particolarmente legato. Con Bartolomeo hanno concelebrato il metropolita di Proikonnesos, Joseph, e il metropolita di Ikonion, Theoliptos, alla presenza del metropolita di Buenos Aires, Tarasios.
Il Patriarca ha ricordato i martiri cristiani che «sono partiti da questa vita lasciando in eredità valori e civiltà, opere spirituali luminose che non sono state ricoperte dalla polvere e dalle tenebre profonde ma sono state onorate dal mattino del primo giorno della settimana, il mattino della Risurrezione». L’arcivescovo ha successivamente visitato anche la chiesa greca di San Giovanni Battista, oggi in disuso, nel centro di Niğde. Il Governo greco era rappresentato dal vice ministro dell’Agricoltura, Maksimos Harakopulos, e greci erano gran parte dei fedeli che hanno partecipato alla messa, assieme a membri — riferisce l’Hurriyet Daily News — di varie associazioni provenienti dal Paese ellenico, da Istanbul e dall’A rg e n t i n a .  
La chiesa di Santa Macrina la Giovane fu costruita nel 1858 nella località di Hasaköy.  Nata nel 327 a Cesarea di Cappadocia, Macrina è nota, oltre che per la sua vita dedicata alla santità e all’istruzione religiosa delle ragazze, per aver avuto due fratelli illustri, Basilio di Cesarea e Gregorio di Nissa

http://www.orientecristiano.com


mercoledì 12 giugno 2013

Il Soffio dell’Oriente Siriaco: Nuova Pubblicazione del P. Manuel Nin



Recensione :

         È attraverso le preghiere e gli inni usati lungo l’anno liturgico che si riesce ad avere una idea dello spirito che guida ogni tradizione liturgica. In questo volume, piccolo nel formato ma ricco nel contenuto, l’archimandrita Manel Nin offre al lettore uno sguardo al magnifico tesoro di testi, in prosa ed in verso, scelti per l’uso lungo l’anno liturgico nella tradizione liturgica di Antiochia nelle Chiesa Siro Ortodossa e Siro Cattolica. Benché la tradizione bizantina delle Chiese Orientali ortodosse ha le sue radici nel rito antiocheno, è nella Chiesa Siro Ortodossa e nella Chiesa Maronita, in ognuna di esse in un modo leggermente diverso, dove questo antico rito si è preservato in modo più completo.
         La primitiva poesia cristiana, nella sua forma più pura e profonda, proviene dalla Siria e dalla Mesopotamia, e molti esempi degli inni del più grande di questi poeti, Sant’Efrem (+373), si trovano nel libro liturgico chiamato Fenqitho (“volume”) e contiene le preghiere e i testi poetici per l’anno liturgico.
Scelti in modo ammirevole e con una bella introduzione, i testi che in questo libro vengono tradotti e pubblicati daranno al lettore un’eccellente idea della ricchezza delle immagini simboliche che è una delle caratteristiche di questa poco conosciuta tradizione liturgica.

Sebastian Brock

Oxford


domenica 9 giugno 2013

Storica visita del Vescovo di Lungro a S.S. Bartolomeo, Patriarca di Costantinopoli





Il giorno 4 giugno 2013 è stato un giorno storico per l'Eparchia di Lungro, per tutto il popolo arbëresh e per la Chiesa Italo-Albanese. Il Vescovo di Lungro Donato Oliverio ha guidato una delegazione di sacerdoti dell'Eparchia in visita a S.S. Bartolomeo, Patriarca ecumenico di Costantinopoli. Ci auguriamo che il sia il primo di altri prossimi proficui incontri

Lavdì Zotit

giovedì 6 giugno 2013

Nominato Vescovo il Rettore del Pontificio Collegio Russicum




Il Santo Padre ha nominato il Padre Lionginas Virbalas, S.J., Vescovo di Panevézys in Lituania. Il Vescovo eletto è nato nel 1961 a Birzai (Lituania), nel 1989 è entrato nella Compagnia di Gesù, è stato ordinato sacerdote nel 1991 ed ha emesso la Professione perpetua nel 2003.  È stato finora Rettore del Pontificio Collegio Russo di Santa Teresa del Bambino Gesù in Roma.


Al Neo Vescovo porgiamo i  nostri migliori auguri.



lunedì 3 giugno 2013

Tre anni fa veniva sgozzato in Turchia dal suo autista musulmano Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia




 Il 3 giugno 2010, veniva ucciso monsignor Luigi Padovese. Quest’anno è il terzo anniversario dalla morte del vicario apostolico dell’Anatolia, sgozzato da Murat Altun, allora 26enne autista islamico del vescovo.
      
ASSASSINO E PROCESSO. Murat Altun è stato condannato a gennaio a 15 anni di prigione. Poiché si trova già in galera da tre anni dovrà scontarne 12, ma in caso di buona condotta potrà uscire tra 6 anni e 5 mesi. Altun alla fine del  processo aveva dichiarato di «essere pentito per avere ucciso mons. Luigi, l’ultima persona che nella vita mi poteva fare del male.
Ma in quel momento non ero padrone di me stesso». Il giovane assassino ha cercato durante il processo di addurre motivazioni diverse e contrastanti per il suo gesto: prima l’infermità mentale, poi ha tirato in ballo un presunto rapporto omosessuale con il vescovo, infine un rituale islamico. Più volte il processo è stato rimandato perché l’assassino dichiarava in aula di non sentirsi bene. La famiglia ha sempre sostenuto in aula Murat, lodandolo per il gesto compiuto e gridando: «Dio è con te».
    
CONDIVIDERE LA VITA. Luigi Padovese è stato ricordato così dal suo amico padre Paolo Martinelli, preside dell’Istituto Francescano di Spiritualità della Pontificia Università Antonianum, intervistato da Radio Vaticana: Padovese ha dato una grande «testimonianza di fede, una fede che viene comunicata non per una forza dialettica ma proprio con l’impegno della propria vita, stando in quei luoghi, condividendo la vita quotidiana delle persone. Lui certamente è stato innanzitutto un grande patrologo, uno studioso della spiritualità patristica. Ancora nei tempi in cui lui era studente si recava in Turchia proprio per studiare questa terra come terra santa della Chiesa, laddove per la prima volta – come ricordano gli Atti degli Apostoli – i cristiani vengono chiamati “cristiani” ad Antiochia. Credo che lui abbia potuto lavorare negli anni della sua presenza in Anatolia proprio riconoscendo in essa la terra che custodisce la memoria delle prime comunità cristiane fuori dalla Palestina. Ha saputo valorizzare questo come un patrimonio innanzitutto per la vita della fede, per la Chiesa, ma poi come valore culturale in sé: cioè, riscoprire questa profondità della terra di Anatolia, della terra di Turchia, come terra che conserva la memoria cristiana».



sabato 1 giugno 2013

L’Archivio, un’ Esperienza Educativa



fonte: Lux in Arcana



«L’archivio è la raccolta ordinata degli atti di un ente o individuo, costituitasi durante lo svolgimento della sua attività e conservata per il conseguimento degli scopi politici, giuridici e culturali di quell’ente o individuo» (Eugenio Casanova).


Vorrei questa volta trasmettervi una esperienza personale, un’ interpretazione della famosissima definizione dell’Archivio data dal Casanova.

La raccolta dei documenti è ordinata, l’ordine è una chiave essenziale per ognuno di noi per la vita personale e comunitaria, riflette il rispetto al creatore e alla creatura che è stata creata seguendo un certo ordine logico e cronologico, un ordine di bellezza di soddisfazione come anche di speranza per un futuro luminoso e grazioso (Gen. I). L’esempio più simbolico delle raccolte ordinate per il Cristianesimo potrebbe essere l’Antico Testamento che è una raccolta di una documentazione scritta e orale, invece abbiamo pure un esempio tipico nel mondo Islamico che è il Corano, che è una raccolta ordinata che ha cercato di mantenere una tradizione scritta e orale di fiducia (Vincolo Archivistico) sotto il Califfato di Osman Eben Aaffan, seguendo certi criteri per conservare l’ordine delle Sure (Capitoli) come venivano rivelati al Profeta. Cose che pochi tra di noi oggi fanno caso che queste realtà hanno fatto un grandissimo cambiamento nel mondo in cui viviamo.

Raccolta ordinata di atti di un ente o di un individuo, un altro punto molto interessante per noi oggi, perché oggigiorno l’essere umano ha perso la fiducia in se stesso, l’uomo veramente potrebbe cambiare la storia anche individualmente con atti personali o facendo parte di un ente, ora dite che sto esagerando, ma se veramente leggiamo le cronache dei martiri, dei monasteri vediamo che senza le loro lotte infinite contro il maligno non avremmo potuto ricevere la Parola del Signore, ne scritta ne orale. Allora badate bene che ognuno di noi è nato per lasciare una traccia nella storia, per cui cerchiamo di lasciare un atto buono, un bel ricordo, ordinato a un buon fine. L’atto potrebbe essere amministrativo se svolge un ufficio, un atto giudiziale se è giudice, sempre seguendo lo stesso ordine che ci ha dato il Signore, dando l’esempio nei nostri atti, «Il resto delle azioni di Nadab e tutto quello che fece, sono scritti nel libro delle Cronache dei re d'Israele» (1Re 15:31) perché siate sicuri che ogni atto che facciamo qua giù se non viene scritto qui sarà scritto nei cieli.

Raccolta ordinata degli atti, conservata per il conseguimento degli scopi politici, giuridici e culturali. Ogni cosa ha uno scopo e il fine dell’Archivio è custodire quei atti compiuti per la realizzazione dello scopo dell’ente o dell’individuo. Lo scopo di tutti i popoli è la salvezza, l’incontro con Dio, e questo è lo scopo comune di tutti gli esseri umani, qui il casanova parla di enti e di individui che hanno scopi politici, giuridici e culturali. Se li leggiamo partendo dalla cultura che è la base del buon giudizio e della politica pulita che serve veramente per regnare.

La cultura include l’apertura verso l’altro, include la ricchezza nella diversità, include l’accettazione, cose indispensabili per giusto giudizio, che può condannare per escludere come anche può perdonare per salvare, invece la politica che è la gestione della città, il saper governare cercando sempre il bene comune, è la scienza che ci manca oggi e che ci allontana col tempo dal vero scopo della nostra vita su questa terra, perché chi non riesce a governare se stesso, i suoi propri atti, se non arriva a vivere secondo un certo ordine per poter avere un certo livello di cultura, non potrà mai imparare dall'esperienza di quelli che lo hanno preceduto, e  neanche a conseguire il cammino per poter raggiungere lo scopo che si prefissava.

Secondo il mio modesto parere, il Casanova non voleva soltanto dare una definizione per l’Archivio scolpendo queste parole nella storia, ma voleva trasmettere una esperienza molto più profonda facendo ricerche e leggendo la vera storia trasmessa nei documenti, l’esperienza vissuta, la storia di un individuo o di un ente, perché ognuno di loro sicuramente conservando le proprie carte ha voluto darci una spinta per raggiungere uno scopo che loro non hanno avuto la possibilità di raggiungere, ho per aiutarci a evitare gli sbagli leggendo la loro esperienza.

L’Archivio è una esperienza educativa a cento per cento, è una scuola su tutti i livelli perché l’archivio può contenere di tutto dalla notizia più banale al fatto storico più importante. L’Archivio è la casa della storia passata e odierna, casa di una bellezza unica nell’architettura di cui noi ci rendiamo architetti.  

        
 di Michel Skaf