Atanasio è stato senza dubbio uno
dei Padri della Chiesa antica più importanti e venerati. Ma soprattutto questo
grande Santo è l'appassionato teologo dell'incarnazione del Logos, il Verbo di
Dio, che - come dice il prologo del quarto Vangelo - «si fece carne e venne ad
abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Proprio per questo motivo Atanasio fu anche
il più importante e tenace avversario dell'eresia ariana, che allora minacciava
la fede in Cristo, riducendolo ad una creatura «media» tra Dio e l'uomo,
secondo una tendenza ricorrente nella storia, e che vediamo in atto in diversi
modi anche oggi. Nato probabilmente ad Alessandria, in Egitto, verso l'anno
300, Atanasio ricevette una buona educazione prima di divenire diacono e
segretario del Vescovo della metropoli egiziana, Alessandro. Stretto
collaboratore del suo Vescovo, il giovane ecclesiastico prese parte con lui al
Concilio di Nicea, il primo a carattere ecumenico, convocato dall'imperatore
Costantino nel maggio del 325 per assicurare l'unità della Chiesa. I Padri
niceni poterono così affrontare varie questioni, e principalmente il grave
problema originato qualche anno prima dalla predicazione del presbitero
alessandrino Ario. Questi, con la sua teoria, minacciava l'autentica fede in
Cristo, dichiarando che il Logos non era vero Dio, ma un Dio creato, un essere
«medio» tra Dio e l'uomo, e così il vero Dio rimaneva sempre inaccessibile a
noi. I Vescovi riuniti a Nicea risposero mettendo a punto e fissando il
«Simbolo della fede» che, completato più tardi dal primo Concilio di
Costantinopoli, è rimasto nella tradizione delle diverse confessioni cristiane
e nella Liturgia come il Credo niceno-costantinopolitano. In questo testo
fondamentale - che esprime la fede della Chiesa indivisa, e che recitiamo anche
oggi, ogni domenica, nella Celebrazione eucaristica - figura il termine greco
homooúsios, in latino consubstantialis: esso vuole indicare che il Figlio, il
Logos, è «della stessa sostanza» del Padre, è Dio da Dio, è la sua sostanza, e
così viene messa in luce la piena divinità del Figlio, che era negata dagli
ariani. Morto il Vescovo Alessandro, Atanasio divenne, nel 328, suo successore
come Vescovo di Alessandria, e subito si dimostrò deciso a respingere ogni
compromesso nei confronti delle teorie ariane condannate dal Concilio niceno.
La sua intransigenza, tenace e a volte molto dura, anche se necessaria, contro
quanti si erano opposti alla sua elezione episcopale e soprattutto contro gli
avversari del Simbolo niceno, gli attirò l'implacabile ostilità degli ariani e
dei filoariani. Nonostante l'inequivocabile esito del Concilio, che aveva con
chiarezza affermato che il Figlio è della stessa sostanza del Padre, poco dopo
queste idee sbagliate tornarono a prevalere - in questa situazione persino Ario
fu riabilitato -, e vennero sostenute per motivi politici dallo stesso
imperatore Costantino e poi da suo figlio Costanzo II. Questi, peraltro, che
non si interessava tanto della verità teologica quanto dell'unità dell'Impero e
dei suoi problemi politici, voleva politicizzare la fede, rendendola più
accessibile - secondo il suo parere - a tutti i sudditi nell'Impero. La crisi
ariana, che si credeva risolta a Nicea, continuò così per decenni, con vicende
difficili e divisioni dolorose nella Chiesa. E per ben cinque volte - durante
un trentennio, tra il 336 e il 366 - Atanasio fu costretto ad abbandonare la
sua città, passando diciassette anni in esilio e soffrendo per la fede. Ma
durante le sue forzate assenze da Alessandria, il Vescovo ebbe modo di
sostenere e diffondere in Occidente, prima a Treviri e poi a Roma, la fede
nicena e anche gli ideali del monachesimo, abbracciati in Egitto dal grande
eremita Antonio con una scelta di vita alla quale Atanasio fu sempre vicino.
Sant'Antonio, con la sua forza spirituale, era la persona più importante nel
sostenere la fede di sant'Atanasio. Reinsediato definitivamente nella sua sede,
il Vescovo di Alessandria poté dedicarsi alla pacificazione religiosa e alla
riorganizzazione delle comunità cristiane. Morì il 2 maggio del 373, giorno in
cui celebriamo la sua memoria liturgica.
L'opera dottrinale più famosa del
santo Vescovo alessandrino è il trattato su L'incarnazione del Verbo, il Logos
divino che si è fatto carne divenendo come noi per la nostra salvezza. Dice in
quest'opera Atanasio, con un'affermazione divenuta giustamente celebre, che il
Verbo di Dio «si è fatto uomo perché noi diventassimo Dio; egli si è reso
visibile nel corpo perché noi avessimo un'idea del Padre invisibile, ed egli
stesso ha sopportato la violenza degli uomini perché noi ereditassimo
l'incorruttibilità» (54,3). Con la sua risurrezione, infatti, il Signore ha
fatto sparire la morte come se fosse «paglia nel fuoco» (8,4). L'idea
fondamentale di tutta la lotta teologica di sant'Atanasio era proprio quella
che Dio è accessibile. Non è un Dio secondario, è il Dio vero, e tramite la
nostra comunione con Cristo noi possiamo unirci realmente a Dio. Egli è
divenuto realmente «Dio con noi». Tra le altre opere di questo grande Padre
della Chiesa - che in gran parte rimangono legate alle vicende della crisi
ariana - ricordiamo poi le quattro lettere che egli indirizzò all'amico
Serapione, Vescovo di Thmuis, sulla divinità dello Spirito Santo, che viene
affermata con nettezza, e una trentina di lettere «festali», indirizzate
all'inizio di ogni anno alle Chiese e ai monasteri dell'Egitto per indicare la
data della festa di Pasqua, ma soprattutto per assicurare i legami tra i
fedeli, rafforzandone la fede e preparandoli a tale grande solennità.
Atanasio è, infine, anche autore
di testi meditativi sui Salmi, poi molto diffusi, e soprattutto di un'opera che
costituisce il best seller dell'antica letteratura cristiana: la Vita di
Antonio, cioè la biografia di sant'Antonio abate, scritta poco dopo la morte di
questo Santo, proprio mentre il Vescovo di Alessandria, esiliato, viveva con i
monaci del deserto egiziano. Atanasio fu amico del grande eremita, al punto da
ricevere una delle due pelli di pecora lasciate da Antonio come sua eredità,
insieme al mantello che lo stesso Vescovo di Alessandria gli aveva donato.
Divenuta presto popolarissima, tradotta quasi subito in latino per due volte e
poi in diverse lingue orientali, la biografia esemplare di questa figura cara
alla tradizione cristiana contribuì molto alla diffusione del monachesimo, in
Oriente e in Occidente. Non a caso la lettura di questo testo, a Treviri, è al
centro di un emozionante racconto della conversione di due funzionari
imperiali, che Agostino colloca nelle Confessioni (VIII,6,15) come premessa
della sua stessa conversione.
Del resto, lo stesso Atanasio
mostra di avere chiara coscienza dell'influsso che poteva avere sul popolo
cristiano la figura esemplare di Antonio. Scrive infatti nella conclusione di
quest'opera: «Che fosse dappertutto conosciuto, da tutti ammirato e desiderato,
anche da quelli che non l'avevano visto, è un segno della sua virtù e della sua
anima amica di Dio. Infatti non per gli scritti né per una sapienza profana né
per qualche capacità è conosciuto Antonio, ma solo per la sua pietà verso Dio.
E nessuno potrebbe negare che questo sia un dono di Dio. Come infatti si
sarebbe sentito parlare in Spagna e in Gallia, a Roma e in Africa di
quest'uomo, che viveva ritirato tra i monti, se non l'avesse fatto conoscere
dappertutto Dio stesso, come egli fa con quanti gli appartengono, e come aveva
annunciato ad Antonio fin dal principio? E anche se questi agiscono nel segreto
e vogliono restare nascosti, il Signore li mostra a tutti come una lucerna,
perché quanti sentono parlare di loro sappiano che è possibile seguire i
comandamenti e prendano coraggio nel percorrere il cammino della virtù»
(93,5-6).
dal sito: www.mariedenazareth.com
Απολυτίκιον Αγίου Αθανασίου
Tu fosti colonna dell'ortodossia, sostenendo con dogmi divini la
Chiesa, o Gerarca Atanasio; tu infatti hai predicato il Figlio consustanziale
al Padre, e confondesti Ario. Padre santo, supplica Cristo Dio di concederci la
sua grande misericordia.
Στύλος γέγονας Ορθοδοξίας, θείοις δόγμασιν
υποστηρίζων την Εκκλησίαν, ίεράρχα Αθανάσιε· τω γαρ Πατρί τον Υιών ομοούσιον,
ανακηρύξας κατήσχυνας Άρειον. Πάτερ Όσιε, Χριστόν τον θεόν
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