Benedici la corona
della tua benignità
Per tutte le Chiese
cristiane di oriente e occidente la Pasqua è la festa più antica e più
importante; attorno a essa si è sviluppato l’anno liturgico nei suoi diversi
periodi. Nel ii secolo la
controversia quartodecimana sulla data della festa indica già l’importanza
della celebrazione pasquale e la sua necessaria comprensione centrata sempre
sul mistero della passione, morte e risurrezione del Signore. La Pasqua, con il
periodo di dieci settimane che la precede e di otto settimane che ne prolunga
la celebrazione, è il nucleo dello sviluppo di tutte le feste cristiane
strutturate nel ciclo liturgico. Oltre al periodo pasquale, mobile, e a quello
natalizio (che si sviluppa dal iv
secolo attorno alle celebrazioni del Natale del Signore il 25 dicembre e della
sua Epifania il 6 gennaio), in oriente le Chiese cristiane hanno poi un
calendario di solenni celebrazioni a data fissa, le “dodici grandi feste”.
Nella tradizione
bizantina l’inizio dell’anno liturgico si colloca il primo giorno di settembre,
mese delle ultime raccolte e dell’inizio della preparazione per un nuovo ciclo
della vegetazione. In questo giorno la tradizione bizantina celebra l’indizione
e l’inizio del nuovo anno come un momento per ringraziare Dio della sua
provvidenza verso tutta la creazione e anche per l’opera della sua redenzione
in Cristo. Già a partire dal 312 è attestata nel computo cronologico e civile
l’indizione, periodo di quindici anni in cui l’impero faceva i controlli
finanziari e fiscali. Così, l’inizio dell’indizione nel mese di settembre —
dapprima il 23 e poi, dal 462, il primo giorno del mese — ha segnato anche
l’inizio dell’anno civile ed ecclesiastico.
Il 1° settembre si
celebra dunque Cristo, figlio e Verbo di Dio, incarnatosi per portare tutte le
cose all’unità e riconciliare tutti gli uomini in se stesso. Per questo, la
pericope evangelica proclamata nell’ufficiatura del mattutino è quella delle
beatitudini (Luca, 6, 17-23), mentre nella Divina liturgia si ascolta il
brano del vangelo di Luca (4, 16-23) con la citazione di Isaia (61, 1) letta
nella sinagoga di Nazareth dallo stesso Gesù: «Lo Spirito del Signore è su di
me, per questo mi ha consacrato e mi ha inviato a inaugurare l’anno di grazia
del Signore».
Il meneo (libro
liturgico in dodici volumi contenente le ufficiature in data fissa di tutto
l’anno nella tradizione bizantina) del mese di settembre riporta per il primo
giorno del mese la seguente indicazione: «Inizio dell’indizione, cioè del nuovo
anno, e memoria del nostro santo padre Simeone stilita (459); inoltre, celebrazione
della santissima Madre di Dio del monastero dei Miaseni, del santo martire
Aeitala (355), delle sante quaranta donne (312) e di Ammone diacono, loro
maestro; memoria dei santi martiri Callista, Evodio e Ermogene, fratelli
(303-304); memoria di Gesù figlio di Nave e commemorazione del grande incendio
(461)». È una rubrica assai abbondante di nomi di santi e di fatti che si
commemorano in questo giorno; soltanto due di loro sono presenti
nell’ufficiatura del giorno: l’indizione e inizio del nuovo anno e san Simeone
stilita.
Per quanto riguarda
l’indizione e l’inizio dell’anno, i testi fanno risaltare diversi aspetti. In
primo luogo il nuovo anno è visto come una nuova creazione e quindi si mette in
evidenza la figura di Cristo come creatore. La benedizione di Cristo sul nuovo
anno è dunque vista come l’azione della sua mano creatrice e provvidente sul
mondo e sulla Chiesa stessa: «Tu che hai creato l’universo con sapienza, Verbo
del Padre che sei prima dei secoli, e formato tutta la creazione con la tua parola
onnipotente, benedici la corona dell’anno della tua benignità. Creatore e
sovrano dei secoli, Dio dell’universo, benedici questo ciclo annuale, salvando
con la tua infinita misericordia, o compassionevole, tutti coloro che rendono
culto a te, unico sovrano, e che con timore gridano a te, o redentore. Tu,
congiunto al santo Spirito, Verbo senza principio e Figlio, con lui creatore e
artefice di tutte le cose visibili e invisibili, benedici la corona dell’anno,
custodendo nella pace i popoli di retta fede, per intercessione della Madre di
Dio e di tutti i tuoi santi».
Alcuni testi
riecheggiano la pericope evangelica di Luca citata e introducono anche il tema
di Cristo come maestro per la sua Chiesa: «Tu che un tempo sul monte Sinai hai
scritto le tavole della Legge, tu stesso, nella carne, hai ricevuto a Nazareth
un libro profetico da leggere, o Cristo Dio, e apertolo insegnavi ai popoli che
in te si era compiuta la Scrittura». Sulla scia della figura di Cristo maestro,
i testi ripetono l’invocazione della Chiesa: «Appresa la preghiera dal divino
insegnamento a noi impartito da Cristo stesso, gridiamo ogni giorno al
Creatore: Padre nostro, che dimori nei cieli, donaci il pane quotidiano, senza
far conto delle nostre colpe».
Altri testi
dell’ufficiatura invocano la protezione del Signore in modo concreto, con
preghiere per la città di Costantinopoli e per l’imperatore: «Tu, o re, tu che
sei e rimani per i secoli senza fine, ricevi la preghiera dei peccatori che
chiedono salvezza, e concedi, o amico degli uomini, fertilità alla tua terra,
donando climi temperati; combatti insieme al nostro fedelissimo re contro i
barbari. Dona vittoria, o Cristo Dio, per l’intercessione della Madre di Dio.
Artefice di tutto il creato, che hai posto in tuo potere tempi e momenti,
benedici la corona dell’anno della tua benignità, Signore, custodendo nella
pace i tuoi re e la tua città».
La seconda
commemorazione importante del 1° settembre è quella di san Simeone stilita,
vissuto in Siria nel v secolo come
monaco e solitario, avendo scelto come forma di ascesi la vita su una colonna
(in greco stýlos). Lo stilitismo è una delle forme di vita monastica, o
più precisamente ascetica, che si riscontra nel monachesimo bizantino e siriaco
dal v secolo in poi. Le
testimonianze agiografiche e archeologiche sono molto abbondanti, sia per le
biografie dettagliate di questi asceti, sia per la quantità di reperti
archeologici ancora oggi visibili. Le fonti presentano lo stilita come colui
che in un modo quasi paradossale, innalzato sulla colonna, sale verso il cielo,
senza lasciare però la sua comunione con gli uomini e il mondo.
L’icona della festa
rappresenta di solito due stiliti: Simeone stilita sulla colonna di sinistra e
il suo discepolo e omonimo Simeone il giovane (detto anche il taumaturgo) su
quella di destra. Attorno alle colonne accorrono numerosi discepoli e fedeli
per chiedere all’anziano preghiera, consiglio o guarigione.
Nei testi
dell’ufficiatura di san Simeone la colonna che lo porta in alto è innanzi tutto
messa in parallelo con il profeta Elia portato in cielo sul carro di fuoco:
«Padre santo, hai trovato una bella scala con la quale sei salito nelle
altezze, come la trovò Elia nel carro di fuoco: ma egli non lasciò ad altri
quella via di ascesa, mentre tu, dopo la morte, hai ancora la tua colonna. Uomo
celeste, angelo terrestre, astro insonne della terra, Simeone santo, intercedi
per la salvezza delle anime nostre». Mentre il carro di Elia sparisce con lui
in cielo, la colonna di Simeone rimane come testimonianza della sua ascesi,
modello per coloro che ne seguirono l’insegnamento; la colonna stessa è il
testimone principale della vita del santo: «Padre santo, se la colonna potesse
parlare, non cesserebbe di proclamare le tue pene, le tue fatiche, i tuoi
gemiti; sì, essa che ti sosteneva veniva in realtà sostenuta, come albero
impinguato dalle tue lacrime; sbigottirono gli angeli, stupirono gli uomini,
ebbero timore i demoni per la tua pazienza».
In secondo luogo,
sempre usando il parallelismo tra due personaggi, i testi accostano Simeone a
Cristo stesso, a partire dalla croce e dalla colonna, luogo dove si compie il
sacrificio dell’uno e dell’altro: «Padre santo, imitando il tuo sovrano per la
potenza del divino Spirito, sei salito sulla colonna come sulla croce: egli ha
cancellato l’attestazione scritta delle colpe di tutti, tu invece hai messo
fine all’insorgere delle passioni; egli come pecora, e tu come vittima; egli
sulla croce, e tu sulla colonna. Simeone santo, intercedi per la salvezza delle
anime nostre».
Infine, i testi liturgici
mettono in risalto lo stilita come intercessore: «Rimane nei secoli la tua
memoria, santo padre Simeone, e la mitezza del tuo cuore, o servo beato, poiché
anche se tra di noi te ne sei andato, o buon pastore, non ti sei separato da
noi con lo spirito, tenendoti davanti a Dio con amore e unendoti ai cori degli
angeli nei cieli; insieme a loro supplica per la salvezza delle anime nostre».
di P. Manuel Nin
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