Ingresso della Madre di Dio al Tempio
Icona Slava del XIX secolo
Giorgio
Warda è uno dei principali innografi della tradizione ecclesiale e liturgica
siro orientale, vissuto tra a fine del XII e l’inizio del XIII secolo ad
Arbela, nell’attuale Iraq. Il nome Warda (che significa rosa in siriaco) è un
soprannome legato alla raccolta delle sue composizioni poetiche presenti nei
libri liturgici siro orientali. Si tratta di poemi teologici molto spesso in
forma di omelie metriche per le feste liturgiche del Signore, della Mare di Dio
e dei Santi. Per la festa dell’Ingresso della Madre di Dio nel tempio il 21
novembre, presentiamo un frammento di uno degli inni di Giorgio dedicati a
Maria, inno che contiene una decina di versetti in cui il poeta teologo fa una
lettura in chiave mariologia e soprattutto cristologica di alcuni salmi o
versetti dei salmi, presentandone un’esegesi assai originale. Si tratta quasi
soltanto di una lista senza commento di ventidue versetti salmici che l’autore applica
a Maria, e costituisce quasi un unicum nell’esegesi siro orientale di testi
veterotestamentari. Quest’inno di Giorgio è entrato nell’ufficiatura della
Chiesa siro orientale.
“Ventidue
salmi cantati da Davide, è a lei che convengono. Il primo (salmo) indica tutta sua perfezione e la sua
purezza: «Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non
resta nella via dei peccatori… ma nella legge del Signore trova la sua gioia…».
Il terzo sulla la sua persecuzione: «
Signore, quanti sono i miei avversari! Molti contro di me insorgono »; ed il quarto la sua pace: «…perché
tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare. ».
Il quinto (tratta) della sua calunnia: «Non c'è sincerità sulla
loro bocca, … la loro lingua seduce…», ed il
quindici della sua giustizia: «Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà
sulla tua santa montagna?». Il sedicesimo sulla sua
perseveranza: «Ho detto al Signore: Il mio Signore sei tu, solo in
te è il mio bene. Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue
mani è la mia vita. », il diciassettesimo la
sua limpidezza: «Saggia il mio cuore, scrutalo nella notte, provami
al fuoco: non troverai malizia… Ma io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine. », e la
lode che segue a questo fu cantata per lei da suo padre giusto (salmo 18).
E ancora
il ventitreesimo sulla sua crescita con la provvidenza (di Dio): «Il
Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce», ed un altro, il
ventiseiesimo sulla sua bellezza senza peccato: «Signore:
nell'integrità ho camminato, confido nel Signore, non potrò vacillare… La tua
bontà è davanti ai miei occhi, nella tua verità ho camminato… Il mio piede sta
su terra piana; nelle assemblee benedirò il Signore». E quell’altro che dice: «Mio
padre e mia madre mi hanno abbandonato, e contro di me si sono alzati falsi
testimoni che soffiano violenza» (salmo 27), e assieme al il trentaquattro
(ambedue hanno annunciato) che il Signore l’ha benedetta e l’ha custodita sulla
terra. E quell’altro, il quarantaseiesimo, (la proclama) trono di Colui che
tutto santifica: «Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio, la più
santa delle dimore dell'Altissimo. Dio è in mezzo ad essa: non potrà vacillare…
nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.», ed ancora il quarantottesimo dichiara
che è tempio del Figlio dell’Altissimo.
E il sessantunesimo
(parla) del suo nascondimento: «Per me sei diventato un
rifugio, una torre fortificata davanti al nemico. Vorrei abitare nella tua
tenda per sempre, vorrei rifugiarmi all'ombra delle tue ali», e la sua liberazione nei due (salmi) che seguono. E
nell’ottantaseiesimo (si dice) che il Figlio dell’Altissimo ha abitato in lei:
«Si
dirà di Sion: “l'uno e l'altro in essa sono nati e lui, l'Altissimo, la
mantiene salda». E il salmo novantunesimo (parla) degli
angeli che custodiscono il suo corpo: «Egli per te darà ordine ai
suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie»,
e il salmo centouno (annuncia) che (il Figlio) è apparso nel mondo per mezzo
suo.
E quello (più) grande
(salmo 118) (parla) sulla perfezione, salmo che per intero segue le lettere
(dell’alfabeto) e che non contiene separazioni ma tutto il mistero della
perfezione; le sue sentenze cento diciotto e sette altre si addicono a Maria. E
il centotrentasette che loda il Signore con la bocca e con la mente. Il
centotrentotto che (vede) la destra del Signore che la adombrata: «Se
prendo le ali dell'aurora per abitare all'estremità del mare, anche là mi guida
la tua mano e mi afferra la tua destra». E
benché tutti (i salmi) parlino dei giusti, tutti pero possono essere collegati
a lei e (parlano) su di lei.
È colei
che non ha conosciuto uomo, ed è la terra che soltanto il Signore ha seminato.
Lei è la porta di cui parla il Signore per mezzo del profeta Bar Buzi
(Ezechiele): «Sarà chiusa e nessuno vi entrerà, perché (soltanto) il Signore entrerà
e ne uscirà». Lei è la fonte sigillata da cui tutto il mondo è dissetato. Lei è
il tesoro intatto, da cui si arricchiscono tutti gli uomini. È colei in cui
abitò Dio, e da lei risplendette il Figlio di Dio. Lei è la discendenza di Eva,
per mezzo di cui fu cancellata la maledizione di Eva. Lei ha portato Colui che
porta l’altezza e la profondità, e in lui si radunano. Lei ha partorito il
datore di vita, Dio e uomo al di sopra della natura”.
Il poema
di Giorgio Warda nella tradizione dei testi liturgici delle diverse tradizioni
orientali per le feste della Madre di Dio, ci offre una lettura dei testi
salmici –alla fine aggiunge anche Ezechiele, il Cantico dei Cantici e Matteo 13
con l’immagine del tesoro nascosto- che si inserisce nella grande ed unica
tradizione cristiana di lettura cristologica della raccolta del Salterio.
P. Manuel Nin, Pontificio
Collegio Greco, Roma
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