Uomo di comunione con Dio e con i fratelli
Il beato
papa Paolo VI tra il 1964 e 1965 compì due gesti profetici nel rapporto con le
Chiese ortodosse di tradizione bizantina: la restituzione (potremmo dire la traslatio)
delle reliquie di sant’Andrea apostolo a Patrasso e del monaco san Saba al
monastero che porta il suo nome nel deserto presso Betlemme. Nel 2004 san
Giovanni Paolo II restituiva alla sede patriarcale di Costantinopoli, nelle
mani del patriarca ecumenico Bartolomeo I, le reliquie di san Gregorio di
Nazianzo e san Giovanni Crisostomo. Gli Apostoli e i Padri venerati nelle loro
reliquie che diventano testimoni, martiri del cammino verso la piena comunione
tra le Chiese cristiane di Oriente ed Occidente.
La
figura del monaco san Saba (+532) è molto venerata in Oriente ed è una delle
personalità più importanti nello sviluppo del monachesimo nella Palestina. Nato
in Cappadocia verso il 439, inizia nella Palestina un percorso di vita
monastica che va dal cenobitismo all’eremitismo. Verso il 478 fonda la Grande
Laura, centro monastico destinato a svolgere un ruolo importante nello sviluppo
del monachesimo della regione e nella fedeltà alla confessione cristologica
calcedoniana. Saba muore il 5 dicembre del 532, data della sua festa nel calendario
bizantino. I testi dell’ufficiatura della festa mettono in risalto alcuni
aspetti della vita di san Saba, aspettiche diventano quasi l’icona del monaco e
di ogni cristiano. La vita di Saba come monaco e padre di monaci si fa presente
nei testi liturgici con due immagini che lo cantano come abitante e come
colonizzatore del deserto: “Hai fatto del deserto una città dove si vive secondosapienza,
o splendore dei padri, Saba, padre nostro di mente divina, e lo hai reso paradiso
spirituale, coperto di fiori divini: la moltitudine dei monaci…”. La vita
di san Saba come monaco e padre di monaci, ne fa un uomo di comunione col cielo
e con le schiere celesti e quindi uomo di intercessione: “Saba di mente divina,
simile agli angeli, compagno dei santi, consorte dei profeti, coerede dei
martiri e degli apostoli, ora che abiti la luce senza tramonto… supplica
Cristo… perché siano donate alla Chiesa la concordia, la pace e la grandemisericordia”.La
stessa vita di Saba come monaco ne fa anche un uomo di comunione con i monaci,
con gli uomini. Per loro diventa modello ed esempio: “Saba beatissimo, lampada
inestinguibile della continenza, tersissimo luminare dei monaci, risplendente
per i fulgori della carità, torre inconcussa della pazienza… tesoro di
guarigioni, vero colonizzatore del deserto… torcia che sorge sul mare del
mondo, per guidare i popoli al porto divino… guida dei monaci… implora Cristo,
perché siano donate alla Chiesa la concordia, la pace e la grande misericordia”.
Questi due aspetti saranno, nella tradizione monastica cristiana due pilastri
dell’essere e vivere come monaco: la comunione con Dio e con gli uomini.
Nei
testi liturgici della festa, la vita monastica è presentata quasi come una
nuova nascita, e riprendendo Genesi 1,26 come una nuova creazione. Uno dei
tropari infatti canta Saba come monaco / uomo nuovo, integro nell’immagine e
ricreato nella somiglianza di Dio, pervenuto alla contemplazione della Trinità:
“Custodita illesa in te l’immagine di Dio, ma reso l’intelletto signore delle
passioni…,mediante l’ascesihai raggiunto per quanto possibile la somiglianza:
poiché, facendo coraggiosamente violenza alla natura, ha assoggettato la carne
allo spirito. Sei così divenuto eccelso fra i monaci, colonizzatore del
deserto, allenatore di quelli che compiono bene la corsa… E ora nei cieli, venuti
meno ormai gli specchi, contempli puramentela santa Trinità…”.
Altri
testi presentano Saba, e ogni monaco, con l’immagine del carbone ardente, acceso
dallo Spirito Santo e quindi diventato teoforo, ricettacolo del dono di Dio: “Ti
sei mostrato al mondo quale carbone divinamente splendente, per essere stato a
contatto col fuoco, o Saba, teoforo dello Spirito, facendo risplendere le anime
di quanti con fede a te si accostano… guidandoli alla luce senza tramonto…”.
Saba è quindi portatore di Dio e pienamente configurato con Cristo che raggiunge,
con l’immagine della scala di Giacobbe, nella salita della vita ascetica: “La
tua vita è stata chiaramente una scala che raggiunge il cielo, o uomo di mente
divina: e con essa ti sei sollevato alle altezze, e hai ottenuto di unirti al
Cristo sovrano, o beatissimo, con l’intelletto risplendente per i fulgori che
da lui promanano; illuminato dai suoi bagliori, hai ricevuto lo stesso
splendore degli angeli…”.Il dono delle lacrime nella compunzione, diventa fonte
di fertilità per il deserto; questo è uno degli aspetti che troviamo presenti
nei testi di tradizione monastica; ed il tropario della festa di san Saba ne è
un bel esempio: “Con lo scorrere delle tue lacrime, hai reso fertile la
sterilità del deserto; e con gemiti dal profondo, hai fatto fruttare al
centuplo le tue fatiche, e sei divenuto un astro che risplende su tutta la
terra…”.
San Saba
abitante e colonizzatore del deserto, configurato col Cristo, intercessore
presso Cristo. Icona di san Sabache la tradizione bizantina ci disegna nell’innografia
liturgica con delle immagini –servitore, compagno, consorte- che indicano la piena
parresia con le realtà del cielo: “Noi, folle di monaci, ti onoriamo come
guida, padre nostro Saba, perché grazie a te abbiamo imparato a camminare per
la via veramente retta. Beato sei tu che hai servito Cristo, diventato compagno
degli angeli, consorte dei santi e dei giusti…”.
P. Manuel Nin, Pontificio
Collegio Greco, Roma
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