Oggi tutta
la creazione è trasfigurata.
La festa della
Trasfigurazione del Signore, celebrata il 6 agosto, è una delle feste
importanti nei calendari delle Chiese cristiane di Oriente e di Occidente.
L’iconografia della festa ci riporta a dei capolavori di carattere musivo nel monastero
di santa Caterina del Sinai (VI s.), a Ravenna a san Apollinare in Classe (VI
s.) e a Roma ai santi Nereo ed Achilleo (VIII-IX s.). Diversi Padri hanno
commentato la pericope della festa: Origene, Efrem, Giovanni Crisostomo,
Agostino. In queste righe vorrei presentare l’omelia per la Trasfigurazione di
Anastasio il Sinaita, un autore di cui abbiamo poche notizie biografiche, e che
visse nel Sinai come monaco nella seconda metà del VII secolo.
Anastasio inizia l’omelia con una captatio
benevolentiae facendo un elogio del monte Tabor, dove avviene l’episodio
evangelico della Trasfigurazione del Signore, partendo dalla visione di
Giacobbe nel libro della Genesi: “Quanto è terribile questo luogo! Mi viene da
gridare come Giacobbe, nel giorno della festa di questo monte. Come lui, vedo
anche io una scala che sale dalla terra al cielo, poggiata sulla cima di questo
monte. Anche io dico: Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del
cielo”. La grandezza del monte come luogo santo, come nuovo Sinai, Anastasio la
vede nella testimonianza del Padre e nella manifestazione del Figlio, sole di
giustizia. Il monte Tabor, lungo tutta l’omelia verrà presentato come tipo
della Chiesa stessa, luogo della piena rivelazione del Verbo di Dio incarnato.
La stessa liturgia del giorno ne diventa epifania.
Anastasio
fa una lunga lode del monte della Trasfigurazione, prefigurato nell’Antico
Testamento e manifestato nel Nuovo: “Questo è il monte da cui si è staccata la
pietra, cantato dagli angeli e di cui parlano i profeti, annunciato dal
salmista, che istruisce gli ignoranti ed illumina i peccatori… creato dalla
mano destra del Signore…”. Tutta una serie di temi che fanno del monte Tabor un
tipo della Chiesa stessa, luogo della redenzione, dell’istruzione e
dell’illuminazione. E senza soluzione di continuità passa alla simbologia
neotestamentaria: “In questo monte sono stati prefigurati i simboli del Regno,
preannunciato il mistero della crocifissione, svelata la bellezza del Regno e
manifestata la seconda venuta di Cristo. In questo monte i beni futuri furono
presentati già come attuali… In questo monte si preannuncia senza inganno la
nostra immagine futura e la nostra configurazione con Cristo”. E Anastasio
associa alla gioia del monte Tabor anche quella di tutta la creazione: le altre
montagne esultano, le colline si riempiono di fiori e di foreste, i ruscelli
che scorrendo fanno risuonare la loro voce di lode nell’acqua, gli uccelli i
loro cinguettii. E aggiunge una frase che dà la chiave ecclesiologica alla
simbologia del Tabor: “Questa montagna è il luogo dei misteri, il posto delle
realtà ineffabili, la roccia dei segreti nascosti e la sommità dei cieli”. Il
Tabor come chiesa, e come altare.
Anastasio
prosegue l’omelia situando la liturgia della festa, e con una lunga serie di
frasi iniziate con “oggi”, dà la spiegazione della festa stessa della
Trasfigurazione: “Oggi sul Tabor è stata rinnovata e trasformata l’immagine
della bellezza terrestre in bellezza celeste… Oggi il Tabor e l’Hermon esultano
ed invitano tutto l’universo alla gioia… Oggi Galilea e Nazareth danzano
insieme e si rallegrano per la festa…”. E quindi sgrana tutta la redenzione
operata da Cristo e quasi annunciata in anticipo nella sua Trasfigurazione:
“Oggi il Signore è stato visto sul monte. Oggi la natura di Adamo, già creata a
somiglianza di Dio ma oscurata dagli idoli, è stata riportata alla sua
primitiva bellezza di uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Oggi la
natura che si era allontanata per l’idolatria, risplende di nuovo nei raggi
della divinità”. Anastasio sottolinea ancora come la Trasfigurazione del
Signore allontana le vecchie tuniche di pelle e riveste l’uomo di luce come di
un manto. Il giorno della Trasfigurazione è la festa in cui gli araldi
dell’antica e la nuova alleanza appaiono accanto al Signore. E con una bella
immagine l’autore paragona il Tabor con il Golgota: “Fu crocefisso tra due
uomini sul Golgota, ed oggi appare divinamente tra Mosè ed Elia”. E prosegue
paragonando il Sinai col Tabor: “Sul Sinai la tormenta, sul Tabor il sole… Là
il decalogo, qua il Verbo preesistente. Là la verga germina, qua la croce
fiorisce. Là le quaglie come castigo, qua la colomba come salvezza. Là Maria,
sorella di Mosè, suonò il tamburello, qua Maria genera divinamente. Là Elia si
nascondeva, qua vede Dio”.
Nella
parte centrale del testo omiletico, l’autore mette in bocca di Mosè una lunga
anamnesi dei fatti adoperati da Dio nell’antica alleanza nel Sinai e che adesso
sul Tabor trovano la loro pienezza, un testo che è una professione di fede nella
vera incarnazione del Verbo di Dio: “E adesso ti vedo, tu che sei con il Padre
e sula montagna hai detto: «Io sono colui che sono». Che io possa vederti per
poterti conoscere. E adesso ti vedo non più di spalle bensì visibilmente sul
Tabor… Tu che sei il Dio pieno di amore, nascosto nella mia forma umana… Tu che
scendesti nel roveto ardente, che guidasti e dissetasti il popolo nel deserto…
adesso sei sceso per umanizzare la natura dell’uomo che era disumana…”. E a
conclusione dell’omelia Anastasio invita tutta la creazione, anch’essa
trasfigurata in Cristo, e specialmente il Tabor e tutte le montagne a un
cantico di lode con uno sguardo quasi geografico a tutta la terra santa della
Galilea che si espande ai piedi del monte della Trasfigurazione: “Rallegrati,
Creatore di tutte le cose, o Cristo re, Figlio di Dio pieno di luce, che a tua
immagine hai trasfigurato tutta la creazione. Rallegrati, Maria, santa montagna
amata da Dio, che hai formato Cristo nella carne ma senza trasfigurarla; Maria,
cittadina di Nazareth, Vergine Madre di Dio. Rallegrati Nazareth, santuario di
Dio. Rallegrati Tabor, la più bella tra le montagne. Rallegrati mare di
Tiberiade, percorso e santificato dai piedi divini. Rallegratevi, sacerdoti
santi che portate nella terra di Melchisedec l’immagine di Cristo.
Rallegratevi, assemblee angeliche dei vergini e delle vergini imitatori di Elia
il tesbita. Rallegrati Chiesa dei credenti, celebrando questa festa in onore
del vero Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo. A lui la gloria nei secoli. Amen”.
P. Manuel
Nin, Pontificio
Collegio greco, Roma
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