“La festa della discesa del Santo Spirito”. Pronuncio queste parole che conosco sin dalla mia infanzia e mentre le pronuncio mi colpiscono come se le sentissi per la prima volta. Sì, sin dal tempo in cui ero bambino ho saputo che 10 giorni dopo l’Ascensione, cioè 50 giorni dopo Pasqua, i Cristiani, da tempi immemorabili, celebravano e continuano a celebrare la discesa del Santo Spirito durante una festa conosciuta col suo nome ecclesiale come Pentecoste o, più comunemente, come “Trinità”, il giorno della Trinità.
Da secoli, per preparare questa Festa, le chiese venivano pulite ed ornate con fronde verdi e rami, e si spargeva dell’erba per terra… Il giorno della festa, al momento del Vespro solenne, i fedeli stavano in chiesa con dei fiori in mano. Queste abitudini spiegano come la festa della Pentecoste è entrata nella coscienza popolare e nella letteratura russa come un tipo di celebrazione radiante, brillante come il sole, la festa della fioritura, un gioioso incontro tra gli umani ed il mondo di Dio in tutta la sua bellezza e la sua grazia.
Tutte le religioni, comprese le più antiche e primitive, avevano una festa per la fioritura, una festa per celebrare la prima comparsa di germogli, di piante, di frutta. Nell’antico giudaismo, era la festa di Pentecoste. Se nella religione del Vecchio Testamento, la Pasqua celebrava la risurrezione del mondo e della natura in primavera, allora la Pentecoste ebraica era la festa del passaggio della primavera verso l’estate, celebrando la vittoria del sole e della luce, la festa della pienezza cosmica. Ma nell’Antico Testamento, una festa comune a tutte le società umane acquisisce un nuovo significato: diventa la commemorazione annuale della salita di Mosè sul monte Sinai, dove in un indicibile incontro mistico, Dio rivela se stesso, entrando in un’Alleanza, dando i Comandamenti, e promettendo la Salvezza. In altri termini, la religione cessò di essere semplicemente naturale, e diventa allora l’inizio della storia: Dio aveva rivelato la Sua Legge, i Suoi Comandamenti, il Suo piano per l’umanità, ed aveva mostrato il cammino. La primavera, l’estate, il ciclo naturale eterno, diventò un segno ed un simbolo non soltanto della natura, ma del destino spirituale dell’uomo, e il comandamento di crescere nella pienezza della conoscenza, vita e pienezza perfetta… infine, nell’ultima fase del Vecchio Testamento, con l’insegnamento e la visione dei profeti, questa festa divenne una celebrazione diretta verso l’avvenire, verso la vittoria finale di Dio nella Sua Creazione. Ecco come il profeta Gioele ne parla: “Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave, in quei giorni, effonderò il mio spirito. Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue e fuoco e colonne di fumo. Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile. Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamati”(Gioele 3, 1-5).
È così che la festa ebraica della Pentecoste è una festa della natura e del cosmo, una festa della storia vista come rivelazione della volontà di Dio per il mondo e gli uomini, una festa del trionfo futuro, della vittoria di Dio sul male e della venuta del grande ed ultimo “Giorno del Signore”. Occorre tenere tutto questo a mente per comprendere come i primi Cristiani hanno sperimentato, compreso e celebrato la loro festa di Pentecoste, e perché è diventata una delle più importanti celebrazioni cristiane.
Il Libro degli Atti degli Apostoli, dedicato a narrare la storia dei primi Cristiani e della diffusione iniziale del Cristianesimo, comincia precisamente con il giorno della Pentecoste, descrivendo ciò che si verificò 50 giorni dopo la Risurrezione di Cristo, e 10 giorni dopo la Sua Ascensione al Cielo. Appena prima della Sua Ascensione, Cristo aveva detto ai discepoli di “non allontanarsi da Gerusalemme, ma di aspettarvi il compimento della promessa del Padre, la quale, egli disse, avete udita da me” (Atti 1, 4). Così 10 giorni dopo, secondo il racconto di san Luca: “E quando il giorno della Pentecoste fu giunto, tutti erano insieme nel medesimo luogo. E subito si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, ed esso riempì tutta la casa dov’essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e se ne posò una su ciascuno di loro. E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi […] E tutti stupivano ed eran perplessi dicendosi l’uno all’altro: Che vuol esser questo? Ma altri, beffandosi, dicevano: Son pieni di vin dolce” (Atti 2, 1-4; 12-13).
A quelli che assistevano alla scena, ed erano rimasti scettici, l’Apostolo Pietro spiegò il significato dell’evento utilizzando le parole del profeta Gioele citate più su. Dice: “Ma questo è ciò che fu detto dal profeta Gioele: ‘E avverrà negli ultimi giorni, dice Dio, che spanderò del mio Spirito sopra ogni carne’ ” (Atti 2, 16-17).
Di conseguenza, per il Cristiano, la festa della Pentecoste è il completamento di tutto ciò che Cristo ha compiuto. Cristo ha insegnato a proposito del Regno di Dio, ed ecco, ora è aperto! Cristo ha promesso che lo Spirito di Dio avrebbe rivelato la verità, e anche questo, si è compiuto. Il mondo, la storia, la vita, il tempo, tutti sono illuminati dalla luce finale, trascendente, tutti sono riempiti del significato ultimo. L’ultimo e grande giorno del Signore è cominciato!
Protopresbitero Alexander Schmemann
APOLITIKION
Εὐλογητὸς εἶ,
Χριστὲ ὁ Θεὸς ἡμῶν, ὁ πανσόφους τοὺς ἁλιεῖς ἀναδείξας, καταπέμψας αὐτοῖς τὸ Πνεῦμα τὸ ἅγιον, καὶ δι' αὐτῶν τὴν οἰκουμένην σαγηνεύσας, φιλάνθρωπε, δόξα σοι.
Benedetto
sei Tu, o Cristo Dio nostro, che hai mostrato sapienti i pescatori per aver
mandato lo Spirito Santo, e per mezzo di essi hai preso nelle reti il mondo; o
amico degli uomini, gloria a te.
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