Icona dei santi Pietro e Paolo, s. XVII. Aleppo (Siria)
Non vinco con la forza ma con la debolezza
L’ufficiatura
bizantina per la festa dei santi apostoli Pietro e Paolo porta due tropari al
mattutino che fanno parte di un intero kontakion (poema liturgico) in 24 strofe
di Romano il Melodo (VI secolo). In questo testo l’innografo ci presenta con delle
belle immagini la figura dell’apostolo cristiano. Dei due tropari presenti nel
mattutino poi uno si canta anche ogni giovedì della settimana, giorno in cui si
commemorano in modo speciale gli apostoli: “Gli araldi sicuri, che fanno
risuonare voci divine, i corifei tra i tuoi discepoli, Signore, tu li hai
accolti a godere dei tuoi beni, nel riposo: perché le loro fatiche e la loro
morte piú di ogni olocausto ti sono state accette, o tu che solo conosci i
segreti del cuore”. Quest’ultima frase la troviamo a conclusione di ognuna
delle 24 strofe del nostro poema.
Già
dall’inizio del testo Romano presenta il gruppo dei Dodici come coloro che sono
fedeli all’insegnamento di Cristo e che adempiono nelle loro vite quello che
insegnano: “Così una volta anche i tuoi discepoli, dopo avere adempiuto innanzi
tutto ai tuoi comandamenti, insegnavano quello che facevano compiendo ogni
sforzo per rafforzare l’insegnamento col comportamento…”. Diverse sono le
immagini adoperate dall’innografo per “dipingere” quasi un’icona dell’apostolo
di Cristo: “Il gruppo di tutti gli apostoli riempì del suo profumo tutta la
terra. Essi sono i tralci della vite che è Cristo, la piantagione del
giardiniere celeste, pescatori prima di Cristo e dopo di lui. Essi che avevano
consuetudine con l’acqua salata (del mare) ora proferiscono dolci parole (salmo
44,2)”.
È
il Cristo risorto colui che dà forza e coraggio ai Dodici; ed è a partire dalla
strofa 4 che prende la parola il Signore stesso, parlando ad ognuno degli
apostoli, a cominciare con Pietro nelle strofe 5 e 6. Lo fa a partire dalla
triplice negazione nella strofa 5, e dalla triplice confessione dell’amore
nella strofa 6. In primo luogo il Signore stesso deve essere il modello per
Pietro nel suo insegnamento e soprattutto nella sua compassione: “Andate dunque
da tutti i popoli, gettate nella terra il seme del ravvedimento e irroratelo
con l’ammaestramento. Nel modo di insegnare, o Pietro, guarda me. Pensando alla
tua colpa, abbi compassione per tutti…”. La debolezza di Pietro di fronte alla
donna che nella casa del gran sacerdote lo impreca (Mt 26,69), deve diventare
anche per lui fonte di compassione; e qui Romano adopera immagini molto belle e
toccanti sul necessario atteggiamento di compassione e di magnanimità: “…e a
motivo di quella donna che ti fece vacillare non essere severo. Se l’orgoglio
ti assale, ricorda il canto del gallo, ripensa ai torrenti di lacrime con cui
ti lavai, io che solo conosco i segreti del cuore”. Notiamo il tema delle
lacrime di pentimento come lavacro di purificazione. Questo tema, sempre
collegato alla figura di Pietro, Romano il Melodo l’ha sviluppata anche in un
altro suo kontakion sulle negazioni di Pietro: “È vinto il Misericordioso dalle
lacrime di Pietro e a lui manda il perdono. Mentre parla al ladrone, è a Pietro
che allude, là sulla croce: «Ladrone, amico mio, stà con me oggi, poiché Pietro
mi ha abbandonato! Eppure a lui e a te io dischiudo la mia misericordia.
Piangendo, o ladrone, mi dici: “Ricordati di me!”, e Pietro grida gemendo: “Non
abbandonarmi!”».
Nella
strofa 6 Romano contempla la triplice professione dell’amore di Pietro verso il
Signore (Gv 21,15-17), che diventa amore anche verso coloro che il Signore ama:
“Pietro, mi ami? Fa quel che dico: pascola il mio gregge ed ama quelli che io
amo”. Come nella strofa precedente Pietro è spronato da Cristo stesso ad essere
misericordioso: “Abbi compassione dei peccatori, memore della mia misericordia
verso di te, poiché io ti ho accolto dopo che per tre volte tu mi avevi
rinnegato”. E Romano poi riprende la figura del buon ladrone, presentato come
custode del paradiso e modello anche per Pietro di peccatore perdonato dal
Signore: “Tu hai il ladrone a rincuorarti, il custode del paradiso…”. Pietro e
il ladrone infine diventano mediatori, “portinai” del ritorno di Adamo al
paradiso da cui era stato espulso: “Attraverso voi Adamo ritorna a me dicendo:
«Il Creatore ha posto per me il ladrone a guardia della porta e a guardia delle
chiavi Cefa…»”.
Dalle
strofe 7 alla 12 il Signore parla personalmente a diversi apostoli: Andrea,
Giovanni, Giacomo, Filippo, Tommaso, Matteo; e fermandosi a costui, quasi un
momento di stanchezza, prosegue nella strofa 13: “Una parola sola io pronuncio
per tutti, per non affaticarmi a istruirvi uno per uno. Ai miei santi una volta
per tutte io dico: «Non tormentatevi ora nel vostro cuore… Non ragionate come
bambini, siate prudenti come i serpenti; nell’immagine del serpente io sono
stato innalzato per voi. Non tralasciate la predicazione per le vostre stesse
paure! Non voglio vincere con la forza: io vinco per mezzo dei deboli…»”. L’immagine
del serpente innalzato nel deserto (Num 21,8) porta Romano all’immagine del Cristo
innalzato sulla croce (Gv 3,14).
Soltanto
verso la fine del testo, in un’unica strofa, Romano introduce la figura di
Paolo, presentato come apostolo in sostituzione di Giuda, quasi come se Paolo stesso
fosse il “ripago” della vendita di Giuda: “Aborrite la tristezza e la paura,
che conducono molti alla morte, come Giuda. La disperazione intrecciò la corda
per il traditore…; eppure il demonio fra poco dovrà ripagare Giuda con Paolo di
Cilicia, l’ingannatore con l’uomo eccellente”.
P. Manuel Nin, Pontificio
Collegio Greco, Roma
Nessun commento:
Posta un commento