sabato 13 luglio 2013

Lumen Fidei. Cristo Luce del mondo



"Il movimento di amore tra il Padre e il Figlio nello Spirito ha percorso la nostra storia; Cristo ci attira a Sé per poterci salvare (cfr Gv 12,32). Al centro della fede si trova la confessione di Gesù, Figlio di Dio, nato da donna, che ci introduce, per il dono dello Spirito Santo, nella figliolanza adottiva (cfr Gal 4,4-6)". -Lumen Fidei


“Cristo luce del mondo!” è l'invocazione con cui il diacono squarcia le tenebre della notte di Pasqua, portando processionalmente il cero pasquale tra l'assemblea orante; ed è questo lo stesso incipit con cui papa Francesco inizia il magistero del suo pontificato. 
“Lumen Fidei” è la prima enciclica di papa Francesco, che si avvale di una bozza elaborata da Benedetto XVI messa a disposizione del successore. «Egli aveva già quasi completato una prima stesura di Lettera enciclica sulla fede. Gliene sono profondamente grato e, nella fraternità di Cristo, assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi» [LF n. 7]. 
In effetti l'enciclica chiude la trilogia ratzingeriana sulla carità [Deus Caritas Est] e la speranza [Spe Salvi] trattando per l'appunto della virtù teologale della fede. 
La Lumen Fidei è divisa in quattro capitoli preceduti e seguiti da una conclusione. Nel primo capitolo papa Francesco parla della fede come ascolto della Parola di Dio, la fede è presentata come questione concreta, è confidenza: «La fede è legata all’ascolto. Abramo non vede Dio, ma sente la sua voce. In questo modo la fede assume un carattere personale. Dio risulta così non il Dio di un luogo, e neanche il Dio legato a un tempo sacro specifico, ma il Dio di una persona, il Dio appunto di Abramo, Isacco e Giacobbe, capace di entrare in contatto con l’uomo e di stabilire con lui un’alleanza. La fede è la risposta a una Parola che interpella personalmente, a un Tu che ci chiama per nome». [n.8]  Il secondo capitolo affronta il legame tra fede e verità, la fede è questione di verità perchè dice una relazione autentica: «Richiamare la connessione della fede con la verità è oggi più che mai necessario, proprio per la crisi di verità in cui viviamo. Nella cultura contemporanea si tende spesso ad accettare come verità solo quella della tecnologia: è vero ciò che l’uomo riesce a costruire e misurare con la sua scienza, vero perché funziona, e così rende più comoda e agevole la vita. Questa sembra oggi l’unica verità certa, l’unica condivisibile con altri, l’unica su cui si può discutere e impegnarsi insieme. Dall’altra parte vi sarebbero poi le verità del singolo, che consistono nell’essere autentici davanti a quello che ognuno sente nel suo interno, valide solo per l’individuo e che non possono essere proposte agli altri con la pretesa di servire il bene comune. La verità grande, la verità che spiega l’insieme della vita personale e sociale, è guardata con sospetto. Non è stata forse questa - ci si domanda - la verità pretesa dai grandi totalitarismi del secolo scorso, una verità che imponeva la propria concezione globale per schiacciare la storia concreta del singolo? Rimane allora solo un relativismo in cui la domanda sulla verità di tutto, che è in fondo anche la domanda su Dio, non interessa più. È logico, in questa prospettiva, che si voglia togliere la connessione della religione con la verità, perché questo nesso sarebbe alla radice del fanatismo, che vuole sopraffare chi non condivide la propria credenza. Possiamo parlare, a questo riguardo, di un grande oblio nel nostro mondo contemporaneo. La domanda sulla verità è, infatti, una questione di memoria, di memoria profonda, perché si rivolge a qualcosa che ci precede e, in questo modo, può riuscire a unirci oltre il nostro "io" piccolo e limitato. È una domanda sull’origine di tutto, alla cui luce si può vedere la meta e così anche il senso della strada comune».[n.25] 
Il terzo capitolo affronta il tema dell'evangelizzazione, la fede nella società: «L’unità della Chiesa, nel tempo e nello spazio, è collegata all’unità della fede: « Un solo corpo e un solo spirito […] una sola fede» (Ef 4, 4-5). Oggi può sembrare realizzabile un’unione degli uomini in un impegno comune, nel volersi bene, nel condividere una stessa sorte, in una meta comune. Ma ci risulta molto difficile concepire un’unità nella stessa verità. Ci sembra che un’unione del genere si opponga alla libertà del pensiero e all’autonomia del soggetto. L’esperienza dell’amore ci dice invece che proprio nell’amore è possibile avere una visione comune, che in esso impariamo a vedere la realtà con gli occhi dell’altro, e che ciò non ci impoverisce, ma arricchisce il nostro sguardo. L’amore vero, a misura dell’amore divino, esige la verità e nello sguardo comune della verità, che è Gesù Cristo, diventa saldo e profondo. Questa è anche la gioia della fede, l’unità di visione in un solo corpo e in un solo spirito. In questo senso san Leone Magno poteva affermare: « Se la fede non è una, non è fede ». Qual è il segreto di questa unità? La fede è "una", in primo luogo, per l’unità del Dio conosciuto e confessato. Tutti gli articoli di fede si riferiscono a Lui, sono vie per conoscere il suo essere e il suo agire, e per questo possiedono un’unità superiore a qualsiasi altra che possiamo costruire con il nostro pensiero, possiedono l’unità che ci arricchisce, perché si comunica a noi e ci rende "uno"». [n.47]  Il quarto capitolo parla del legame tra fede e bene comune: « Proprio grazie alla sua connessione con l’amore (cfr Gal 5,6), la luce della fede si pone al servizio concreto della giustizia, del diritto e della pace. La fede nasce dall’incontro con l’amore originario di Dio in cui appare il senso e la bontà della nostra vita; questa viene illuminata nella misura in cui entra nel dinamismo aperto da quest’amore, in quanto diventa cioè cammino e pratica verso la pienezza dell’amore. La luce della fede è in grado di valorizzare la ricchezza delle relazioni umane, la loro capacità di mantenersi, di essere affidabili, di arricchire la vita comune. La fede non allontana dal mondo e non risulta estranea all’impegno concreto dei nostri contemporanei. Senza un amore affidabile nulla potrebbe tenere veramente uniti gli uomini». [n.51]  Questa enciclica mette a tema la questione della modernità proprio a partire dalla sua stessa radice: l'illuminismo, ed è nell'ottica di una critica all'illuminismo che tale enciclica, per lo meno nel suo impianto filosofico va inquadrata. È proprio a partire dall'Illuminismo che si è assistito al paradosso per cui la fede è stata travisata fino a diventare il luogo dell'oscurità; eppure Adorno-Horkheimer hanno delineato bene nella Dialettica dell'Illuminismo l'esito nefasto di questa impostazione: «L'illuminismo, nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da sempre l'obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma la terra interamente illuminata splende all'insegna di trionfale sventura. Il programma dell'Illuminismo era liberare il mondo dalla magia. Esso si proponeva di dissolvere i miti e di rovesciare l'immaginazione con la scienza. […] Ma la credulità, l'avversione al dubbio, l'avventatezza nelle risposte, lo sfoggio di cultura, la paura di contraddire, l'interesse personale, l'indolenza nelle ricerche, il feticismo verbale, la tendenza a fermarsi alle conoscenze parziali: tutto ciò e altre cose hanno vietato le felici nozze dell'intelletto umano con la natura delle cose, per accoppiarlo invece a concetti vani e ad esperimenti disordinati». Max Horkheimer-Theodor W. Adorno Dialettica dell' Illuminismo, Piccola Biblioteca Einaudi: 1969, 11.  Lo sguardo di papa Francesco è proteso fin dalla sua prima enciclica su orizzonti alti, che colmano di eternità il presente, che invitano gli uomini ad alzare lo sguardo. Papa Bergoglio si conferma gesuita fin nel midollo, uomo capace di scrutare i segni dei tempi e di indicare la via. Facciamo tesoro di questo dono, condividendo queste parole con i nostri fratelli.

di Don Antonino Pileri Bruno, http://www.luxecclesiaeorientalis.org





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