Εις Πολλά Έτη Δέσποτα
La componente orientale nella liturgia di inizio pontificato di Papa Francesco
La liturgia di inizio di pontificato
del vescovo di Roma ha una componente orientale. Con questa espressione
“componente orientale” oppure “aspetti orientali” facciamo riferimento alla
presenza di parti della liturgia romana, epistola o vangelo, cantati in lingua
greca, ed anche alla tradizione plurisecolare della partecipazione del Pontificio
Collegio Greco di Roma nelle liturgie del vescovo di Roma. Questa tradizione, risalente
alla fine del XVI secolo, mette in luce da una parte l’origine greca in quanto
alla lingua della stessa liturgia romana, e dall’altra parte la dimensione
veramente cattolica di questa Chiesa e del ministero del suo vescovo.
Le parti orientali bizantine nella
liturgia di inizio di pontificato di Papa Francesco saranno presenti nella
liturgia della Parola. Nella processione iniziale il sacerdote o il diacono
greco apre il corteo dei concelebranti accanto al diacono latino; ambedue
reggono il proprio evangeliario che viene collocato sopra l’altare. Dopo i riti
iniziali, avviandosi alla proclamazione del vangelo, i diaconi latino e greco
ricevono la benedizione del Santo Padre prima di prendere gli evangeliari
dall’altare. Dopo il canto dell’alleluia, la pericope del vangelo è cantato per
primo in lingua latina. Quindi il diacono greco, con le formule della Divina
Liturgia Bizantina, invita l’assemblea all’ascolto sapiente del vangelo
nell’acclamazione in lingua greca: “Sapienza. In piedi ascoltiamo il Santo
Vangelo”, e il Santo Padre benedice l’assemblea: “Pace a tutti”. L’assemblea
rispose: “E col tuo spirito”. Il diacono prosegue con l’annuncio della lettura
del vangelo: “Lettura del Santo Vangelo secondo…”. E quindi la risposta
dossologica dell’assemblea: “Gloria a Te, Signore, gloria a Te”. Alla fine del
vangelo, di nuovo si canta la risposta dossologia dell’assemblea: “Gloria a Te,
Signore, gloria a Te”. Riportato l’evangeliario al Santo Padre, con esso benedice
l’assemblea, mentre il coro canta l’acclamazione: “Per molti anni, Signore!”, che
è l’acclamazione che nella liturgia bizantina presieduta dal vescovo il coro
canta dopo la processione con l’evangeliario nel piccolo ingresso, dopo la
proclamazione del vangelo, dopo la processione con i doni nel grande ingresso e
dopo la comunione.
La tradizione della partecipazione
del Pontificio Collegio Greco alle celebrazioni liturgiche più importanti del
Papa rissale al pontificato di papa Sisto V (1585-1590), che concesse al
Collegio Greco il privilegio di cantare in greco l’epistola e il vangelo nelle
messe papali solenni. L’uso, pero, della presenza di ambedue le lingue liturgiche,
latino e greco, nella liturgia del vescovo di Roma risale alla fine del VII ed
inizio dell’VIII secolo, quando si succedettero a Roma diversi papi di origine
orientale; infatti le persecuzioni iconoclaste e quelle dei califfi abbasidi in
Oriente portarono all’esilio in Occidente molti orientali che parlavano greco.
Anastasio il Bibliotecario, che visse nel IX secolo racconta che papa Benedetto
III (855-858), benché romano di origine, ebbe cura di preparare un codice dove
furono trascritte, in greco e latino, le profezie che, nel rito romano,
venivano lette il Sabato Santo ed il Sabato prima di Pentecoste. Dall’OrdoRomanus
I, ripreso poi dall’OrdoRomanus X, scritto nell’XI secolo, sappiamo
che si leggeva la profezia in latino e, di seguito, se il Papa lo considerava
opportuno, essa veniva ripetuta in greco. Nel concilio di Pisa del 1409, nella
celebrazione dell’incoronazione di Papa Alessandro V, latino di rito ma nato a
Creta, l’epistola ed il vangelo furono cantati in latino, greco ed ebraico.
Durante l’incoronazione di papa Nicolò V nel 1447, un cardinale cantò il
vangelo in latino, mentre che un archimandrita basiliano lo cantò in greco.
Papa Sisto V nel 1586 fecce sopprimere gli uffici di diacono e suddiacono greco
e li fecce trasferire agli studenti del Collegio Greco. Con questo fatto il
papa dava un segno di stima verso il Collegio Greco. I titoli di diacono e
suddiacono greci rimasero quindi legati al Collegio Greco, e fu fino al 1870
che, nei giorni di celebrazioni papali in cui diacono e suddiacono erano
presenti, una carrozza del palazzo Apostolico veniva a prelevarli in Collegio.
Nel 1724 papa Benedetto XIII riprese
l’uso antico della lettura in greco, da parte di un alunno del Collegio Greco,
della prima delle profezie del Sabato Santo ed, alternativamente in latino e
greco, la prima di quelle del sabato prima della Pentecoste; lo stesso papa
vuole che i ministri greci celebrassero con i propri paramenti e non con quelli
latini. Ancora nel Venerdì Santo del 1725 lo stesso Benedetto XIII fece leggere
in greco l’apostolo ed il vangelo del giorno.
A partire del 1896, con l’arrivo del
benedettini nel Collegio Greco sotto papa Leone XIII, viene ripresa normalmente
la presenza di due seminaristi del Collegio nelle celebrazioni papali solenni.
La prassi lungo il XX secolo e quindi quella anche attuale per quanto riguarda
la partecipazione del Pontificio Collegio Greco alle celebrazioni papali
solenni è quella del canto dell’epistola e del vangelo in lingua greca nella
liturgia In coena Domini del Giovedì Santo, ed il canto del vangelo in
greco nelle canonizzazioni ed in alcune liturgie particolarmente solenni,
nonché nella liturgia di funerale del Sommo Pontefice, in cui viene cantato
anche un Trisaghion bizantino in lingua greca; quindi nella liturgia di
inizio di pontificato.
Accenno anche a
due celebrazioni speciali avvenute negli anni 1908 e 1925 a cui il Collegio Greco
partecipò in maniera diretta. Il giorno 12 febbraio 1908 si celebrò, nell’aula
«delle beatificazioni» alla presenza del Santo Padre Pio X, la Cappella Papale
per la celebrazione del XV centenario della morte di san Giovanni Crisostomo;
la liturgia fu celebrata dal Patriarca greco melchita di Antiochia Cirillo VIII
Geha, con il coro e i ministri del Pontificio Collegio Greco di Roma. Nell’introduzione
all’apposito libretto pubblicato in quell’occasione, si indica che nella
suddetta aula, non essendoci un altare “isolato”, cioè staccato dal muro, che
permettesse di essere girato nelle diverse processioni ed incensazioni della
Divina Liturgia Bizantina, fu collocato un altro altare “isolato” e, di fronte
ad esso, due leggii con due icone di Cristo e della Madre di Dio; accanto ad
esse fu collocato un terzo leggio con l’icona di san Giovanni Crisostomo. È
interessante di notare che nell’introduzione al libretto liturgico citato,
viene ancora indicata questa annotazione: dagli officianti si osserverà
integralmente il rito greco… Il Sommo Pontefice, capo supremo di tutti i riti,
opererà nel medesimo tempo anche quale Presidente dell’assemblea liturgica
greca, al quale sono rimessi e riservati i principali atti di onore e di
giurisdizione… Egli adopererà la lingua liturgica greca…. Il testo della
Divina Liturgia di san Giovanni Crisostomo utilizzato in quella occasione fu
quello preparato nel 1907 da uno dei professori residenti nel Pontificio
Collegio Greco, P. Placido De Meesterosb.
La seconda celebrazione a cui vorrei
fare accenno è quella tenutasi il giorno 15 novembre 1925 in occasione del XVI
centenario del concilio di Nicea del 325. Anche in questa occasione la liturgia
fu presieduta dal papa, sua Santità Pio XI, e come celebrante principale fu
invitato anche questa volta il patriarca greco melchita di Antiochia Dimitrios
Cadi; costui, però, morì improvvisamente il 26 ottobre a Damasco, e fu
sostituito dal metropolita greco cattolico romeno di Fagaras Basilio Suciu. La
liturgia fu celebrata nella basilica di San Pietro; come nella precedente
celebrazione del 1908, fu collocato, davanti all’altare della confessione, un
altare “isolato” con dei leggii a modo di iconostasi. In ambedue le
celebrazioni citate viene indicata nell’introduzione agli appositi libretti,
che la celebrazione della liturgia greca fu “integrale”, cioè senza aggiunte né
mescolanze con la tradizione liturgica romana. Il Papa –Pio X e Pio XI
rispettivamente nella prima e nella seconda celebrazione- presiedeva da un
trono / cattedra collocato a sinistra di chi guardava l’altare. Era rivestito
coi propri paramenti, coperto con la tiara, e impartiva le benedizioni in
lingua greca lungo la celebrazione della Divina Liturgia.
P. Manuel Nin, rettore P.C.G.
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