…ritenendo la fede di
Pietro abbiamo lo stesso Pietro…
San Giovanni Crisostomo, nel periodo
pasquale dell'anno 388, quando era sacerdote della Chiesa di Antiochia, pronunciò
alcune omelie sull’inizio del libro degli Atti degli Apostoli. Vorrei attirare
l’attenzione su qualche aspetto della seconda di queste omelie,in cui il
Crisostomo si trattiene a commentare e spiegare ai suoi ascoltatori cosa vuol
dire essere discepoli di Cristo e quindi essere chiamati cristiani. Vedremo
come inoltre in questa seconda omelia Giovanni si sofferma in modo speciale nella
figura dell'apostolo Pietro, presentato lui stesso modello del discepolo di
Cristo nell’amore, nella professione di fede, ed il suo vincolo con la Chiesa
antiochena di cui per primo fu pastore.
Il
Crisostomo parte dal testo evangelico: “Da questo tutti sapranno che siete miei
discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35), e presenta
l’immagine del discepolo di Cristo mettendo in rilievo che come discepolo si
viene riconosciuto non da miracoli o fatti prodigiosi, ma dalla vita stessa
segnata dall’amore vicendevole “gli uni per gli altri” (ibid.). E da
buon retore il predicatore antiocheno sgrana una serie di domande: “Da questo?
Da che cosa? Ecco non dai miracoli. Da che cosa? Non dall’amore ai prodigi, ma
dall’amore vicendevole: «L’amore è la pienezza della legge» (Rm 13,10).
Per
il Crisostomo quindi l’amore è l’icona, il tipo, il carattere del discepolo, ed
aggiunge ancora: “Se hai l’amore diventi apostolo, addirittura il primo degli
apostoli”. E prosegue parlando dell'apostolo Pietro, a partire della domanda
che il Signore risorto gli pone: “Simone di Giovanni, mi ami più di costoro?”
(Gv 21,15); sottolineando come il Signore non chiede a Pietro di operare
miracoli o risuscitare morti, bensì di amarlo. E di questo amore ne deriva la
seconda parte del testo del vangelo: “Pasci le mie pecorelle” (v. 16). Un’argomentazione
molto simile la troviamo sviluppata nel “Dialogo sul sacerdozio” dello stesso
Giovanni Crisostomo. Infatti nel secondo libro del Dialogo, Giovanni Crisostomo
presenta il sacerdote come colui che ama Cristo, e questo amore viene chiesto dallo
stesso Cristo nella persona di Pietro: “E qual maggior guadagno, soggiunsi, che
l=essere venuti a compiere quelle opere
che Cristo stesso disse di essere segni dell'amore verso di lui? E, rivolgendosi
al corifeo degli apostoli: «Pietro, dice, mi ami tu?» E affermandolo questi
soggiunse Cristo: «Pascola le mie pecorelle».Edil Crisostomo aggiunge molto
acutamente:“Dice Cristo infatti: *Pietro mi ami tu
più di costoro? Pascola le mie pecorelle+. Poteva per
altro dirgli: ASe mi ami, pratica il digiuno, il sonno
su nuda terra, le vigilie ininterrotte, assumi la difesa degli oppressi, sii
come un padre agli orfani e come un marito alle madri loro; invece, lasciando
da parte tutte queste cose, che dice? Pascola le mie pecorelle”.Notiamo qui la
centralità del rapporto amore a Cristo e servizio / pascolo del gregge. Non è
che Giovanni Crisostomo disprezzi il digiuno, le veglie, il dormire a terra...
ma tutto questo viene dopo il servizio, il pascolo del gregge.
Il
Crisostomo prosegue l’omelia sottolineando e commentando alcuni dei miracoli
adoperati da Pietro e Giovanni negli Atti degli Apostoli, ma ribadendo che
quello che li distingue come discepoli di Cristo non sono i miracoli quanto l’amore
vicendevole: “Vedi che i discepoli erano riconosciuti dal fatto che si amavano
a vicenda; e colui che amava Cristo più degli altri apostoli si riconosceva dal
fatto che era pastore dei fratelli”. Lo stesso primo posto che Pietro occupa
tra gli apostoli, gli viene dal suo amore a Cristo. E poi, avviandosi a
concludere l’omelia, Giovanni soffermandosi ancora nella figura di Pietro,
ribadisce che costui diventa apostolo ed il primo tra gli apostoli per il suo
amore a Cristo e aggiunge per la sua confessione di fede: “Lo stesso Pietro non
aveva ricevuto questo nome per i miracoli, ma per lo zelo e l’amore sincero.
Non perché abbia risuscitato i morti… ma perché con una confessione sincera
aveva mostrato la sua fede: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia
Chiesa» (Mt 16,18). Perché? Non per i miracoli ma perché confessò: «Tu sei il
Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Ed il Crisostomo tenendo la sua
omelia proprio ad Antiochia, fa una lettura “petrina” del ruolo e del carattere
della sede patriarcale dell'Oronte e come conseguenza anche di quella romana:
“E quando faccio menzione di Pietro, si fa presente nel mio animo l’altro
Pietro, il nostro comune padre e dottore (il vescovo di Antiochia Flaviano),
che siede nella sua cattedra. È una prerogativa onorevole per la nostra città
che abbia ricevuto dall’inizio come dottore il principe degli apostoli. Era
giusto che la città che è stata ornata per prima col nome dei «cristiani»
davanti a tutto il mondo, ricevesse per pastore il primo degli apostoli”. Quindi
per il Crisostomo è un dato di fatto che Antiochia è la prima sede di Pietro,
la città dei primi «chiamati cristiani», volendo mettere in evidenza che in
essa i fedeli vivono nell’amore vicendevole di cui ha parlato sopra. E da buon
predicatore, Giovanni Crisostomo prosegue parlando anche dell’altra sede
petrina, cioè quella romana: “Però, pur avendolo accolto come dottore, non lo
abbiamo trattenuto con noi per sempre, ma lo abbiamo ceduto alla regale città
di Roma”. Come se volesse mettere in evidenza la generosità di Antiochia, che
cede Pietro alla città di Roma. Malgrado questa “cessione generosa” a Roma,
Antiochia conserva certamente non più il corpo di Pietro, ma sì la sua fede:
“Infatti anche se non abbiamo il corpo di Pietro, conserviamo con Pietro la sua
fede: ritenendo la fede di Pietro abbiamo lo stesso Pietro”. E Giovanni Crisostomo,
che predica come al solito alla presenza del vescovo Flaviano, aggiunge direi
con fierezza e allo stesso tempo quasi con tenerezza: “Così anche quando
vediamo il suo successore, ci pare di vedere lo stesso Pietro…”. Pietro diventa
il garante della confessione di fede della Chiesa, di ognuno dei cristiani: “…
così anche colui che viene nella confessione e nella fede di Pietro riceverà il
suo stesso nome. Infatti la conformità di vita genera anche la comunanza di
nome”.
Giovanni
Crisostomo conclude l’omelia con una preghiera per Flaviano, preghiera che
manifesta l’amore filiale del Crisostomo verso il “Pietro” di Antiochia:
“Preghiamo affinché questo Pietro (Flaviano) arrivi alla vecchiaia; come
l’apostolo che pervenne alla vecchiaia: «Quando sarai vecchio, stenderai le tue
mani…» (Gv 21,18). Preghiamo per costui affinché abbia lunga vita. E pervenuto
alla vecchiaia lui sarà sempre utile alla nostra giovinezza grazie alle sue
preghiere”.
P. Manuel Nin, Pontificio Collegio Greco
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