martedì 12 marzo 2013

Un’omelia di Giovanni Crisostomo sull’inizio degli Atti degli Apostoli.




ritenendo la fede di  Pietro abbiamo lo stesso Pietro…
           
San Giovanni Crisostomo, nel periodo pasquale dell'anno 388, quando era sacerdote della Chiesa di Antiochia, pronunciò alcune omelie sull’inizio del libro degli Atti degli Apostoli. Vorrei attirare l’attenzione su qualche aspetto della seconda di queste omelie,in cui il Crisostomo si trattiene a commentare e spiegare ai suoi ascoltatori cosa vuol dire essere discepoli di Cristo e quindi essere chiamati cristiani. Vedremo come inoltre in questa seconda omelia Giovanni si sofferma in modo speciale nella figura dell'apostolo Pietro, presentato lui stesso modello del discepolo di Cristo nell’amore, nella professione di fede, ed il suo vincolo con la Chiesa antiochena di cui per primo fu pastore.
            Il Crisostomo parte dal testo evangelico: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35), e presenta l’immagine del discepolo di Cristo mettendo in rilievo che come discepolo si viene riconosciuto non da miracoli o fatti prodigiosi, ma dalla vita stessa segnata dall’amore vicendevole “gli uni per gli altri” (ibid.). E da buon retore il predicatore antiocheno sgrana una serie di domande: “Da questo? Da che cosa? Ecco non dai miracoli. Da che cosa? Non dall’amore ai prodigi, ma dall’amore vicendevole: «L’amore è la pienezza della legge» (Rm 13,10).
            Per il Crisostomo quindi l’amore è l’icona, il tipo, il carattere del discepolo, ed aggiunge ancora: “Se hai l’amore diventi apostolo, addirittura il primo degli apostoli”. E prosegue parlando dell'apostolo Pietro, a partire della domanda che il Signore risorto gli pone: “Simone di Giovanni, mi ami più di costoro?” (Gv 21,15); sottolineando come il Signore non chiede a Pietro di operare miracoli o risuscitare morti, bensì di amarlo. E di questo amore ne deriva la seconda parte del testo del vangelo: “Pasci le mie pecorelle” (v. 16). Un’argomentazione molto simile la troviamo sviluppata nel “Dialogo sul sacerdozio” dello stesso Giovanni Crisostomo. Infatti nel secondo libro del Dialogo, Giovanni Crisostomo presenta il sacerdote come colui che ama Cristo, e questo amore viene chiesto dallo stesso Cristo nella persona di Pietro: “E qual maggior guadagno, soggiunsi, che l=essere venuti a compiere quelle opere che Cristo stesso disse di essere segni dell'amore verso di lui? E, rivolgendosi al corifeo degli apostoli: «Pietro, dice, mi ami tu?» E affermandolo questi soggiunse Cristo: «Pascola le mie pecorelle».Edil Crisostomo aggiunge molto acutamente:“Dice Cristo infatti: *Pietro mi ami tu più di costoro? Pascola le mie pecorelle+. Poteva per altro dirgli: ASe mi ami, pratica il digiuno, il sonno su nuda terra, le vigilie ininterrotte, assumi la difesa degli oppressi, sii come un padre agli orfani e come un marito alle madri loro; invece, lasciando da parte tutte queste cose, che dice? Pascola le mie pecorelle”.Notiamo qui la centralità del rapporto amore a Cristo e servizio / pascolo del gregge. Non è che Giovanni Crisostomo disprezzi il digiuno, le veglie, il dormire a terra... ma tutto questo viene dopo il servizio, il pascolo del gregge.
            Il Crisostomo prosegue l’omelia sottolineando e commentando alcuni dei miracoli adoperati da Pietro e Giovanni negli Atti degli Apostoli, ma ribadendo che quello che li distingue come discepoli di Cristo non sono i miracoli quanto l’amore vicendevole: “Vedi che i discepoli erano riconosciuti dal fatto che si amavano a vicenda; e colui che amava Cristo più degli altri apostoli si riconosceva dal fatto che era pastore dei fratelli”. Lo stesso primo posto che Pietro occupa tra gli apostoli, gli viene dal suo amore a Cristo. E poi, avviandosi a concludere l’omelia, Giovanni soffermandosi ancora nella figura di Pietro, ribadisce che costui diventa apostolo ed il primo tra gli apostoli per il suo amore a Cristo e aggiunge per la sua confessione di fede: “Lo stesso Pietro non aveva ricevuto questo nome per i miracoli, ma per lo zelo e l’amore sincero. Non perché abbia risuscitato i morti… ma perché con una confessione sincera aveva mostrato la sua fede: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). Perché? Non per i miracoli ma perché confessò: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Ed il Crisostomo tenendo la sua omelia proprio ad Antiochia, fa una lettura “petrina” del ruolo e del carattere della sede patriarcale dell'Oronte e come conseguenza anche di quella romana: “E quando faccio menzione di Pietro, si fa presente nel mio animo l’altro Pietro, il nostro comune padre e dottore (il vescovo di Antiochia Flaviano), che siede nella sua cattedra. È una prerogativa onorevole per la nostra città che abbia ricevuto dall’inizio come dottore il principe degli apostoli. Era giusto che la città che è stata ornata per prima col nome dei «cristiani» davanti a tutto il mondo, ricevesse per pastore il primo degli apostoli”. Quindi per il Crisostomo è un dato di fatto che Antiochia è la prima sede di Pietro, la città dei primi «chiamati cristiani», volendo mettere in evidenza che in essa i fedeli vivono nell’amore vicendevole di cui ha parlato sopra. E da buon predicatore, Giovanni Crisostomo prosegue parlando anche dell’altra sede petrina, cioè quella romana: “Però, pur avendolo accolto come dottore, non lo abbiamo trattenuto con noi per sempre, ma lo abbiamo ceduto alla regale città di Roma”. Come se volesse mettere in evidenza la generosità di Antiochia, che cede Pietro alla città di Roma. Malgrado questa “cessione generosa” a Roma, Antiochia conserva certamente non più il corpo di Pietro, ma sì la sua fede: “Infatti anche se non abbiamo il corpo di Pietro, conserviamo con Pietro la sua fede: ritenendo la fede di Pietro abbiamo lo stesso Pietro”. E Giovanni Crisostomo, che predica come al solito alla presenza del vescovo Flaviano, aggiunge direi con fierezza e allo stesso tempo quasi con tenerezza: “Così anche quando vediamo il suo successore, ci pare di vedere lo stesso Pietro…”. Pietro diventa il garante della confessione di fede della Chiesa, di ognuno dei cristiani: “… così anche colui che viene nella confessione e nella fede di Pietro riceverà il suo stesso nome. Infatti la conformità di vita genera anche la comunanza di nome”.
            Giovanni Crisostomo conclude l’omelia con una preghiera per Flaviano, preghiera che manifesta l’amore filiale del Crisostomo verso il “Pietro” di Antiochia: “Preghiamo affinché questo Pietro (Flaviano) arrivi alla vecchiaia; come l’apostolo che pervenne alla vecchiaia: «Quando sarai vecchio, stenderai le tue mani…» (Gv 21,18). Preghiamo per costui affinché abbia lunga vita. E pervenuto alla vecchiaia lui sarà sempre utile alla nostra giovinezza grazie alle sue preghiere”.

P. Manuel Nin, Pontificio Collegio Greco

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